I proventi della coca finivano ai guerriglieri

Un croato fermato dalla Finanza con un’auto carica di polvere bianca purissima

Vendevano cocaina per i guerriglieri delle Farq, le forze armate rivoluzionarie della Colombia. Oltre 200 chili di polvere bianca nascosta all’interno di mobili destinati a una società catanese inattiva, la «Misterbianco», per un valore commerciale che sfiora i 50 milioni di euro, sequestrata nel porto di Cartagena. L’altra notte il blitz fra Nettuno, Terni e Medellín, in Colombia, dove gli agenti di polizia hanno eseguito l’ordinanza del gip di Velletri Cristina Macchiusi su richiesta del pm Giuseppe Travaglini e arrestato moglie, marito e figlio di prime nozze di Ivano Zintu, 52 anni. Quest’ultimo residente ad Amelia e proprietario di una ditta umbra specializzata in porte blindate, la «Italtek de Columbia» che opera a Medellín. Manette anche alla seconda moglie dell’imprenditore, Angela Posada, 47 anni, colombiana, e al rampollo della famiglia, Vincenzo Zintu, 28 anni. Secondo gli inquirenti la donna fungeva da tramite fra il marito e i cartelli sudamericani che monopolizzano il traffico di droga verso i Paesi europei. Nella fabbrica del marito, del resto, gli operai sono strettamente legati ai militanti delle Farq e a Pablo Escobar, il re del narcotraffico. L’operazione «Drug and wood» viene avviata dagli agenti del commissariato di Anzio nell’ottobre scorso, ovvero all’indomani dell’arresto di Zintu junior, fermato al rientro in Italia con addosso 170 grammi di coca pura al 75 per cento, vale a dire 860 dosi da strada. Niente in confronto a quello che gli uomini della squadra giudiziaria scoprono in due container della fabbrica di Zintu diretti a Livorno: 211 chili di cocaina della miglior qualità nascosti nei mobili destinati in prima battuta a Catania per passare poi al mercato del Lazio, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. Una «piazza» gestita direttamente dal cartello di Medellín in tandem con la criminalità organizzata del litorale. Nell’azienda di Zintu, oltre alle porte corazzate, si producono mobili rustici nelle cui intercapedini viene stipata la cocaina ricoperta di una pellicola per riflettere i raggi X ed eludere i controlli portuali. «In questo modo - spiega il vicequestore di Anzio Mauro Baroni - i mobili sembravano di legno massiccio e passavano la dogana. Quando il 2 novembre la nostra direzione centrale antidroga, in collaborazione con la polizia di Cartagena, ha effettuato il check nei container che la ditta stava spedendo a Livorno, in uno dei due ha trovato il carico di droga. Per individuare la cocaina è stato necessario smembrare le zampe di sedie e armadi». Indagini complicate: pedinamenti e intercettazioni (tra loro gli Zintu parlavano solo in spagnolo), appostamenti e controlli finanziari portano al capofamiglia e alla compagna, entrambi incensurati. «Angela Posada - continua il dirigente di polizia Baroni - era il tramite con i clan locali. La famiglia, che da 12 anni gestisce l’azienda colombiana, aveva investito 700mila euro nella partita di coca. Un carico che avrebbe permesso il salto di qualità nel traffico di stupefacenti. Nella ditta di Zintu operavano narcos legati a Escobar e ai cartelli più feroci di Medellín, oggi suddivisi in gruppi di azionariato popolare intimamente collegati alle Farq». Fra i sequestri record da ricordare i 2.500 chili di «roba» scovati dalla squadra mobile di Genova assieme alle polizie di mezzo mondo nella sala macchine di un peschereccio d’altura, il Brasimex I, a 400 miglia al largo delle isole Canarie.

Con la droga, armi da guerra appartenenti a un feroce cartello colombiano, i 500 chili trasportati da 5 giovani di Ostia su un 16 metri a vela, il «My Double Seven»: intercettati e fermati dalla polizia brasiliana, i 2.500 chili di cocaina provenienti dal Brasile sempre al largo delle Canarie. Il veliero, salpato da Fiumicino, rientrava sul litorale con due skipper di Ostia.

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