Cultura e Spettacoli

«I registi di oggi hanno più soldi ma meno libertà»

«Le costosissime promozioni hanno reso uno zombie lo spettatore»

Maurizio Cabona

da Pietrasanta

L’omaggio più bello a Andrei Konchalovski è di Michel Marmin, critico del Figaro, che ha raccolto una vita di recensioni sotto il titolo «Fausto, Vanja, Kaspar et Véronique»: dove Fausto è l’arpiniano cieco di Gassman in Profumo di donna di Risi; Vanja è il cechoviano Zio Vanja di Konchalovski (1970), quarto film di una carriera che poteva finire al secondo, perché Storia di Asja che amò senza sposarsi (1966) fu bloccato per ventidue anni dal governo sovietico «con una censura estetica che diventava politica», mi spiega Konchalovski. E sempre bloccato il film era quando il Festival di Cannes premiava il regista per Siberiade (1979), interpretato dal fratello, Nikita Mikhalkov.
Dinastia intellettuale i Mikhalkov-Konchalovski: Andrei e Nikita si dividono il cognome; ora si dividono anche la direzione dei due maggiori Festival russi: a Nikita, Mosca; ad Andrei, San Pietroburgo, la città più europea dell’immenso Paese che arriva fino a Vladivostok. E un regista europeo è rimasto Konchalovski. Anni a Hollywood - suoi Maria's lovers, A 30 secondi dalla fine e Tango & Cash - non gli hanno fatto dimenticare la Russia. Dove ha girato Il proiezionista, coproduzione italoamericana sul Cremlino ai tempi di Stalin, ispirata ai ricordi di chi per Stalin proiettava i film, per lo più americani. Se l’America vive in Irak il suo secondo Vietnam, la Russia vive in Cecenia il suo secondo Afghanistan: e in Cecenia Konchalovski ha ambientato La casa dei matti (2002), premiato alla Mostra di Venezia. E in Italia, tutto casa a Pietrasanta e club al Forte (Tennis Europa, naturalmente), ora Konchalovski, anche regista teatrale (alla Scala ha diretto i ciaikovskiani Oneghin e La dama di picche), prepara lo shakespeariano Re Lear,con Daniel Olbrychski, che andrà in in scena a Varsavia.
Signor Konchalovski, in Italia pieni i festival, vuote le sale...
«Perché non c'è quasi più il pubblico adulto. A vedere i film vanno solo i ragazzi».
Che hanno un'età mentale perfino minore di quella fisica.
«Sono ormai abituati a film scritti e riscritti da comitati che rendono le sceneggiature dei budini. Nascono così le grosse produzioni, dove gli autori sono vincolati dal principio: "Più soldi, meno libertà"».
Ma i ragazzi sono sempre andati al cinema e, se le sceneggiature-budino sono di più, non sono una novità. Ci dev'essere altro.
«Ci sono soprattutto le costosissime - l’investimento è pari a metà del costo del film - promozioni che hanno reso uno zombie lo spettatore».
In effetti Bergman, Fellini e Kurosawa non avevano grandi lanci... Però non è solo Hollywood ad agire così.
«No. Ormai anche in Francia e in Russia si lanciano film allo stesso modo. Che non sono più film francesi o russi, ma transnazionali».
Come i registi.
«Ridley Scott e Alan Parker sono britannici, Jean-Jacques Annaud è francese: ma tutti vengono dalla pubblicità, quindi cresciuti attaccando il carro dove vuole il padrone».
Così è scomparso anche il miglior cinema americano.
«Sì, oggi sarebbe impossibile girare non solo i film di Ford e Huston, ma perfinoRocky».
Cambierà questa tendenza verso il basso?
«L'eccesso, anzi, la diarrea d’informazione rende improbabile un cambiamento».
Tutto cominciò...
«... col successo del film indipendente di un intellettuale, George Lucas: Guerre stellari. Un bel paradosso».
Prima...
«... l’impostazione europea - consapevole dell’ambiguità delle persone - vigeva anche in America».
Esempi?
«I Padrini di Coppola, Rosemary's baby e Chinatown di Polanski, Taxi driver di Scorsese. Opere di chi ha letto Nietzsche e Dostoevskij».
Tecnologicamente più difficile, il mondo vuole film moralmente più facili.
«E un marketing molto più sofisticato e aggressivo di una volta glieli impone concentrando l'investimento su pochi titoli».
Continui...
«Dove con cento milioni di dollari si giravano cinque film da venti milioni, oggi se ne gira uno, da cento, promosso con cinquanta di pubblicità».
Si adegua anche De Laurentiis.
«Mentre a Cinecittà si girava U571 di Mostow, De Laurentiis m’aveva proposto un film sulla X Mas».
Ma il film non s'è fatto.
«De Laurentiis voleva che la Marina italiana l’aiutasse a finire U571. Appena lo finì, dimenticò...

».

Commenti