L'uccisione di Bruno è un crimine disumano

Finché considereremo gli animali meno degli uomini, saremo meno anche noi. E finché non insegneremo ai nostri figli e nipoti il rispetto per tutte le creature viventi, continueremo a leggere storie come quella di Bruno

L'uccisione di Bruno è un crimine disumano

Gentile direttore Feltri,
ho il cuore spezzato. Il cane Bruno, una creatura meravigliosa, è stato ucciso da un boccone avvelenato pieno di chiodi. Era un cane amato da tutti, innocente, generoso. Una barbarie che non trova parole. Quando smetteremo di considerare gli animali come esseri inferiori? Quand'è che il nostro Paese smetterà di voltarsi dall'altra parte davanti a queste atrocità?

Rita Perna

Cara Rita,
capisco il tuo dolore e lo condivido. La morte di Bruno è un oltraggio non soltanto alla vita animale, ma anche alla dignità umana, perché la civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali, esseri indifesi. E, sebbene gli italiani siano in gran parte animalisti, episodi e fatti di cronaca simili a questo ci pongono davanti una realtà scomoda: abbiamo ancora molta strada da percorrere. Io, come è ormai noto, amo gli animali in modo profondo e struggente. Li rispetto come fratelli. Non mangio né carne né pesce oramai da diversi anni. Ho vissuto con gatti salvati dalla strada, ho avuto cavalli, galline, caprette, asini. Le bestie sono compagne di vita, creature che sentono, soffrono, amano, e che spesso ci offrono più umanità degli uomini stessi. Questa mia frequentazione assidua con i pelosi di ogni tipo mi ha reso un uomo migliore, in quanto ho avuto modo di apprendere addirittura valori ed etica da coloro che pure riteniamo ingiustamente inferiori, soltanto perché non hanno la parola, pur essendo in grado di farsi comprendere e di comunicare meglio di quanto siano capaci troppe persone.

Bruno non era un cane qualunque. Era un eroe, un bene da tutelare, premiato addirittura da alte cariche dello Stato per le sue virtù civili e il servizio offerto nelle emergenze. Un quattro zampe che viveva per compiere del bene a favore di quella umanità che pure lo ha tradito e ucciso nella maniera più cruenta possibile, ossia mediante la somministrazione di un boccone pieno di chiodi. Una trappola, una beffa, un gioco perverso, un inganno, un atto ignobile, un crimine che ha l'aggravante, a carico di chi lo ha commesso, di avere approfittato di questa purezza e di questa ingenuità canina allo scopo di ammazzare, peraltro lentamente, dopo ore di agonia atroce, dissanguamento dall'interno a causa di lesioni profonde e dolorosissime. Bruno è stato trovato dal suo addestratore in una pozza di sangue. Chi ha fatto questo? Belzebù in persona? Soltanto gli uomini possono partorire una simile perversione, le bestie non ne sarebbero mai in grado. Bruno era diventato un simbolo. E, come ogni simbolo innocente, è stato sacrificato dalla brutalità gratuita. Un boccone pieno di chiodi, già, non riesco a non pensarci. Non serve un'enciclopedia per chiamarlo con il suo nome. Tortura. Omicidio. Vigliaccheria. Per fortuna, in questi anni qualcosa si è mosso. Grazie anche all'impegno dell'onorevole Michela Vittoria Brambilla, le leggi sono cambiate: oggi chi maltratta o uccide un animale rischia fino a 4 anni di carcere e multe salate di diverse decine di migliaia di euro. Non si tratta più di reati di serie B, né può essere tutto derubricato con il termine marachella. Trattasi insomma di delitti a tutti gli effetti. E chi li pone in essere - si badi bene - è soggetto socialmente pericoloso, non solo per gli animali ma per la collettività intera, poiché la sua indole violenta ha trovato nella fragilità dell'animale una possibilità di sfogo e di scarico immediato, segno che non è contenibile, ma è fragile anche un bambino e può essere fragile ed esposto a questa aggressività chiunque non disponga di strumenti per difendersi. Dunque, criminali di questa caratura vanno individuati e arrestati. Puniti.

Purtroppo, non basta scrivere le leggi, bisogna anche applicarle. E applicarle con rigore, severità, intransigenza. Chi si macchia di questi crimini non merita attenuanti, né pietà. Un cane è stato seviziato e ucciso per piacere e per assenza di coscienza. E chi è privo di coscienza può fare di tutto.

Credimi, cara Rita, finché considereremo gli animali meno degli uomini, saremo meno anche noi.

E finché non insegneremo ai nostri figli e nipoti il rispetto per tutte le creature viventi, continueremo a leggere storie come quella di Bruno. Che non è soltanto una cronaca, ma altresì un monito, un allarme, un avviso. Per tutti quanti noi.

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