(...) Cosa potranno pensare, adesso, quegli stessi abitanti quando sapranno che, anziché aiutare i loro figli, il distretto sociale di via Sertoli si è prodigato con successo per trovare lavoro ai quei rom? Gerardo S. possiede un negozio in via Molassana ed è stato proprio lui a segnalare questo strano caso: «Non credevo ai miei occhi - esordisce l'artigiano - quando ho visto parcheggiare una Mercedes di fronte al mio negozio e scendere da essa alcuni zingari in tuta da lavoro».
L'uomo pensò che forse quella gente stesse ristrutturando qualche baracca del campo nomadi che si trova proprio alle sue spalle, ma non era così: «Li ho seguiti con lo sguardo - prosegue indispettito - da dietro il vetro del mio negozio e quando ho visto che si sono messi a pitturare la ringhiera della sede della circoscrizione di Molassana sono caduto dalla nuvole».
Ma il signor Gerardo non è l'unica persona, curiosa e contrariata, che ha constatato questo fatto. Anche Anna Z., madre di tre figli, di cui uno disoccupato, non si da pace: «È pazzesco - lamenta la donna -. Mio figlio si è diplomato da oltre tre anni e non riesce a trovare lavoro e quella gente lavora nel piazzale del Comune. Vorrei proprio sapere chi li paga».
Se lo domandano in tanti, e una risposta parziale la forniscono, all'unisono, due consiglieri uscenti (e ricandidati) della circoscrizione, uno dell'opposizione, Domenico Morabito, l'altro della maggioranza, Giuseppe Russo: «Il distretto sociale della Valbisagno - spiegano - ha usufruito di alcuni fondi che provengono da borse lavoro erogate dall'Istituto bancario San Paolo di Torino. I vertici dellistituto hanno deciso di aiutare gli zingari in questo modo, piuttosto che venire in aiuto degli abitanti di Molassana, cioè quelle tante persone in difficoltà che da anni chiedono casa e lavoro senza ricevere soddisfazione».
Listituto avrebbe effettivamente concesso alcune borse lavoro, principalmente a due città, Torino e Genova. Secondo lo spirito e le intenzioni dei promotori, i finanziamenti, in origine, erano destinati a sostenere, recuperare e reinserire in un contesto sociale coloro che versano in gravi difficoltà economiche. Tutto regolare, dal punto di vista formale, ma i genovesi, e in particolare gli abitanti del quartiere, continuano a non capire perché vengano considerati in «difficoltà economica» coloro che posseggono fiammanti automobili Audi, Bmw e Mercedes, costo minimo quarantamila euro, e, per giunta, vanno in giro con collane d'oro che pesano etti. Invece cè chi, giovane o anziano, non potendo permettersi nemmeno il biglietto del bus, paga regolarmente luce, gas e acqua, ma soprattutto non possiede un lavoro, anche a tempo parziale, non viene minimamente preso in considerazione dalle istituzioni locali.
Gerardo S.
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