I segreti della trattativa tra Berlusconi e Udc

Al premier la delega del Pdl per trovare un accordo. Ma per ora è tutto «congelato» fino alle primarie di domenica in Puglia: la vittoria di Vendola smonterebbe il laboratorio anti-Cavaliere. E dalla maggioranza arrivano segnali sul processo breve

I segreti della trattativa tra Berlusconi e Udc

Roma - Non è certo il tipo di politica che piace a Berlusconi, istintivamente portato a scelte di campo chiare al punto che in queste settimane non ha perso occasione per puntare il dito contro «la vecchia politica dei due forni» di Casini. Ma i segnali delle ultime ore raccontano messaggi sotterranei tra Pdl e Udc, entrambi «costretti» a parlarsi più dalla ragion politica che dalla buona volontà. Perché da una parte il centrodestra non può permettersi di regalare probabili vittorie in una tornata elettorale destinata a segnare la legislatura e dall’altra i centristi non sono nella condizione di perdere quell’abbondante fetta di elettorato che non li seguirebbe nel caso di un accordo con il solo centrosinistra. Soprattutto nelle regioni del Centro-Sud. Con un punto di caduta: le primarie del Pd in programma domenica in Puglia, dove una vittoria di Vendola significherebbe l’implosione del laboratorio politico del dopo-Berlusconi messo su da D’Alema e Casini (con Fini osservatore attivo e interessato).

Sarebbe infatti la pietra tombale sulla nuova segreteria Bersani e, forse, un fallimento decisivo anche per D’Alema. Un risultato che risucchierebbe nell’orbita del centrodestra un Casini dimezzato. Anche per questo alla fine di un lunghissimo ufficio di presidenza, quando è ormai quasi mezzanotte, il Pdl decide di «delegare Berlusconi» a decidere dell’accordo con l’Udc. Perché la discussione è stata più animata del previsto, con Bondi, Scajola e Giovanardi a fare da falchi. E perché serve prendere tempo in attesa di domenica, quando non è escluso che pure qualche elettore del Pdl possa prendersi la briga di andare a votare Vendola. Dovesse farcela, l’Udc non potrebbe fare altro che sfilarsi visto che per Casini è già faticoso sostenere la laicissima Bresso in Piemonte. E a quel punto i centristi - magari dopo aver scimmiottato qualche giorno la corsa in solitaria - sarebbero pronti a convergere sul candidato del Pdl, il volto televisivo del Tg1 Romita. Su cui il Cavaliere è pronto a mettere il cappello sostenendolo anche nei comizi.

Insomma, nonostante negli ultimi giorni le diplomazie di Pdl e Udc avessero fatto qualche piccolo passo avanti, la trattativa pare in via di congelamento. Con Berlusconi che pure ha rassicurato il cardinale Ruini, fiero sostenitore dell’alleanza con Casini nel Lazio perché «l’ipotesi Bonino è inaccettabile». Il premier ha sostanzialmente detto sì, pur ribadendo che «la politica dell’Udc è inaccettabile» e promettendo che in campagna elettorale batterà sul punto: «A prescindere dalle alleanze locali, non smetterò di dire che questa è la politica della convenienza». E oltre al Lazio l’accordo è quasi chiuso anche in Campania e molto vicino in Calabria. Mentre pare si sia riaperto un tavolo di trattativa in Liguria. Con la Basilicata che rappresenta una sorta di apertura di credito, visto che il Pdl candiderà l’italoegiziano Magdi Allam. Che pur avendo un suo partito, Io amo l’Italia, è stato eletto all’Europarlamento come indipendente nelle liste dell’Udc.

Dei nomi da piazzare nei listini bloccati, invece, si occuperà un tavolo ad hoc del Pdl di cui faranno parte i coordinatori Bondi, Verdini e La Russa, i capigruppo Cicchitto e Gasparri, i vicecapigruppo Bocchino e Quagliariello, più i ministri Scajola e Gelmini.

Ma la partita con l’Udc sulle regionali coinvolge anche il capitolo giustizia. Anche perché è proprio con il legittimo impedimento che i centristi hanno iniziato a mandare i primi segnali di fumo. D’altra parte, le posizioni garantiste di Casini non sono certo una novità, tanto che in questi giorni ha partecipato senza indecisioni anche alle commemorazioni del decennale di Craxi. Ed è sulla giustizia che proprio ieri mattina è arrivata qualche timida apertura. Non sul processo breve, su cui l’Udc non ha mai tolto il veto. Quanto sull’emendamento al decreto legge sulle sedi disagiate votato all’unanimità in Commissione giustizia. Emendamento presentato dal deputato Udc Rao e sostenuto dal Pd con successivo via libera del sottosegretario Caliendo. Un primo tentativo, secondo alcuni, di ricomporre lo scontro anche sui provvedimenti più pesanti: processo breve e legittimo impedimento. Il primo, infatti, ha sì ottenuto il via libera del Senato ma dalla maggioranza fanno trasparire una certa disponibilità ad eventuali modifiche. «Se si tratta di migliorarlo - spiega il Pdl Costa - siamo a disposizione».

Che non è cosa da poco, perché significherebbe andare incontro alle richieste dell’opposizione e rinviare il testo al Senato. Il tutto porterebbe ad un allungamento dei tempi di approvazione, al punto che al momento la previsione è che diventerà legge prima il legittimo impedimento e poi il processo breve. Un modo per venire incontro alle richieste dell’Udc e ottenere su un tema tanto delicato anche i voti di parte dell’opposizione.

Con un corollario sottinteso: se il legittimo impedimento sarà ritoccato in modo da evitare davvero al premier di presentarsi davanti a quelli che lui chiama i «plotoni d’esecuzione», allora il processo breve - su cui tanto si è acceso lo scontro politico - potrebbe anche restare a galleggiare in Parlamento.

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