Roma - «Dobbiamo ribadire che le persone che vivono il dramma della separazione vanno accolte. Dobbiamo fare di più perché chi è separato o divorziato non deve sentirsi scomunicato o escluso». Il cardinale Alfonso Lopez Trujillo, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, ha tra le mani la lettera che nei giorni scorsi l’arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi ha scritto ai separati e ai divorziati, nella quale spiega che la Chiesa è loro vicina e l’esclusione dalla comunione sacramentale non deve significare esclusione dalla vita della comunità cristiana. Ora anche la Santa Sede scende in campo, appoggiando l’impostazione pastorale e l’approccio del cardinale Tettamanzi.
Come ha trovato la lettera dell’arcivescovo di Milano?
"In linea con il magistero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Papa Wojtyla più volte ha ripetuto che le persone separate o divorziate, anche quelle che vivono una nuova unione, non sono scomunicate o escluse, ma continuano ad appartenere alla Chiesa. Vanno trattate con attenzione, rispetto e comprensione. Vanno accompagnate, come ha insistito anche Benedetto XVI nei dialoghi con i sacerdoti. Questo ovviamente non significa cambiare la dottrina sull’esclusione dall’eucaristia...".
Su questo non ci saranno cambiamenti possibili, in futuro?
"L'ultimo Sinodo e l’istruzione Sacramentum caritatis che ne racchiude l’insegnamento lo hanno escluso. Non ci saranno cambiamenti e mi sembra che il cardinale Tettamanzi nella sua lettera spieghi bene le ragioni di questa esclusione. Il segno dell’amore indissolubile di Gesù per noi viene contraddetto dal “segno infranto” di sposi che hanno chiuso una esperienza matrimoniale e vivono un secondo legame".
Possiamo precisare meglio i casi in questione? Sembra che ci sia confusione al riguardo...
"I sacramenti non sono preclusi per i separati e per il coniuge che ha subito il divorzio. Lo sono per coloro che convivono, per coloro che sono sposati solo civilmente, per coloro - separati o divorziati - che hanno dato vita a una nuova unione. Non si può ricevere il segno dell’unità perfetta con Cristo e con la Chiesa, quando la propria condizione di vita crea e mantiene una frattura con Cristo e con la Chiesa. L’unico modo per i divorziati risposati di poter accedere al sacramento eucaristico è quello di accettare di vivere come fratello e sorella".
I racconti di chi vive questa esperienza parlano di incomprensioni e giudizi di condanna.
"Bisogna dire innanzitutto che talvolta la separazione è qualcosa di inevitabile. E anche che questi casi per la Chiesa rappresentano motivo di grande dolore. Per questo, pur nella chiarezza e senza comode scorciatoie - non si possono nascondere la parola di Dio e l’insegnamento della sua Chiesa - l’atteggiamento principale deve essere quello dell’accoglienza, non quello del giudizio e della condanna".
Come fare perché queste persone si sentano accolte?
"Non c’è solo la comunione eucaristica. C’è la possibilità della partecipazione alla messa, la preghiera, ci sono le attività della parrocchia, le iniziative di carità. Anche chi vive in questa dolorosa situazione, dunque, può sentirsi inserito nella comunità cristiana. La misericordia non annulla i problemi, ma aiuta chi si trova in difficoltà. Già dieci anni fa, il nostro dicastero, che annovera proprio il cardinale Tettamanzi tra i suoi collaboratori, ha dedicato una riunione plenaria dedicata a questo problema.
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