I trecentomila mantenuti dalla casta

I consulenti di Regioni, Province e Comuni pagati a peso d'oro per educare gli adulti. In Calabria c'è un ospedale con 200 dipendenti per 20 posti letto

Abbiamo le amministrazioni pubbli­che più ignoranti d’Europa, probabilmen­te del mondo. Amministratori che non sanno mai che pesci prendere, che se an­che dovessero deliberare l’installazione di una rotonda a un incrocio stradale han­no bisogno di chiedere lumi a uno o più consulenti per sapere da loro, mettiamo, che forma abbia una cosa chiamata «ro­tonda ». Sono 300mila e forse più- manca­n­o i dati relativi al 40 per cento delle ammi­nistrazioni minori - i consulenti degli enti locali. E ci costano, a noi contribuenti, la tombola di 1,39 miliardi di euro all’anno. Un dispendiosissimo esercito chiamato a dar consigli e pareri su qualsiasi cosa (la Campania vanta anche un consulente per «l’educazione degli adulti», roba da matti, che s’è portato a casa, in cinque anni, 300mila euro) e che, malato di elefantiasi, tendeva ad aumentare di numero alla me­dia di un dieci per cento in più all’anno. E al quale il (benemerito) ministro Brunetta ha deciso di mettere un freno: dal 2011 il segno più deve mutarsi in meno 80 per cento. Quando si tratta dell’allegra amministra­zione del bene pubblico non è facile stupi­re il cittadino, ormai pronto e rotto a tutto. Però venire a sapere a quanto ammonta e quanto costa l’armata dei consulenti - sa­pendo al contempo quanto si paga di Tar­su, per dirne una - ti fa salire il sangue agli occhi. Che gli enti locali fossero dei genero­si «postifici» lo si dava ormai per scontato, ma apprendere che quei «postifici» di­spongono anche di una succursale, il «con­sulentificio », è davvero troppo anche per il cittadino più disincantato. Non solo per le prebende dispensate, ma perché ci vuole davvero poca fantasia per immaginare quanto duro, quanto sfiancante, quanto impegnativo possa risultare il «lavoro» di chi dà, su richiesta e a tassametro, un consi­glio, un parere. Il consulente (di stanza a Milano) per la tutela degli animali, 100mi­la euro all’anno, quante volte sarà stato consultato? E a che proposito? Cos’è che un qualsiasi eletto dal popolo, un qualsiasi dipendente di Regione, Comune o Provin­cia ignora sulle elementari pratiche di sal­vaguardia di cani e gatti? Queste elementari considerazioni, lo scriviamo a malincuore, ci portano a dis­sentire dal pur encomiabile ministro della Pubblica amministrazione. Il medico pie­toso fa la ferita purulenta, dice il proverbio, saggezza del popolo. Pertanto, altro che il venti per cento in meno, caro Brunetta: az­zerare, tutti a casa (o a lavorare).

Oltre a risparmiare, per la gioia dei contribuenti, quel miliarduccio e passa,c’è anche il caso che senza tutti quei consulenti all’intorno la macchina dello Stato funzioni con mi­glior efficienza. Anzi, c’è la certezza.

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