
Metti un giovane regista milanese a New York. Al lavoro a due passi da Broadway, patria del musical mondiale. Con uno spettacolo che abbina musical, danza e escapologia (l'arte illusionista della fuga da situazioni pericolose, anzi mortali: l'arte del mitico Houdini per capirci) dal titolo Lord Nil: 7 Deadly Sins. Sui cartelloni descritto come "lo show più pericoloso del mondo". Non sarebbe strano se quel regista non avesse costruito in Italia una solida carriera portando in scena piéce di prosa e opera, adattamenti da Dostoevskij, classici di Pirandello e Shakespeare, in spazi come il Teatro Franco Parenti di Milano e la Biennale di Venezia, aggiudicandosi un Premio Franco Enriquez e scrivendo per di più un libro dal titolo "definitivo": "L'odore del legno e la fatica dei passi. Resto in Italia e faccio teatro". Come non detto.
Il richiamo di Broadway è così irresistibile?
"Tecnicamente saremmo off-Broadway, per tutto il mese di agosto allo Stage42, uno spazio a due passi da Times Square. Dopodiché si andrà a Las Vegas. Il bello di esordire qui e non in Nevada è il pubblico: a New York c'è un pubblico meno passivo e più addentro al teatro vero. Un bel banco di prova".
Non ci ha risposto, però.
"Ma io continuerò a fare teatro in Italia e nella mia città, Milano, cui devo tutto. Ho studiato alla Paolo Grassi, ho avuto lì tutte le mie chance. In autunno avrò miei spettacoli il primo a ottobre, una commedia al Teatro Martinitt. L'idea di questo show viene da lontano, e comunque parte da Milano".
Quale sarebbe?
"Anni fa portai in scena un mio adattamento de Il Giocatore, il racconto-capolavoro di Fedor Dostoevskij sulla dipendenza dal gioco. Per alcuni giochi di prestigio con le carte mi serviva un illusionista, e mi imbattei in Lord Nil, al secolo Simone Gatti. Per questioni anagrafiche e istintive l'intesa fu massima. Ci ripromettemmo di lavorare insieme. Lui poi partecipò come mago al talent show Italia's Got Talent, da lì la notorietà e gli ingaggi oltreoceano".
Di cosa parla lo show "Lord Nil: 7 Deadly Sins"?
"Simone Gatti aveva bisogno di una narrazione per i suoi numeri. Io e lui abbiamo lavorato a una cornice narrativa legata ai sette vizi capitali. Ogni prova pericolosa che lui supera è legata a un vizio. Ad esempio la gola: Lord Nil rischia di finire cotto vivo nel bacon. Lo show è corredato di musica dal vivo e un ensemble di otto ballerini".
Se lo show avesse il debito successo a New York e Las Vegas l'oceano tra lei e Milano si allargherebbe?
"Come detto, penso proprio di no. Anche se Milano ha passato il suo periodo migliore e necessita di una rinascita: dal 2011 alle porte della pandemia la sua atmosfera culturale era elettrica, oggi la vedo una città più stanca e disillusa. Essere milanese mi ha aiutato molto a New York. Con le debite proporzioni, ci sono indubbie affinità".
Cosa affascina dello showbiz americano?
"La facilità di poter dare forma a delle idee perché la disponibilità economica è superiore.
Io avevo voglia di misurami con uno show extra large con trucchi di questo tipo. E voglio ricordare che l'intero team creativo è italiano: le coreografie sono di Stefano Alessandrino e le musiche originali di Erik Ventrice, sul palco anche come chitarrista".