I vantaggi fiscali dei nuovi Fondi pensione – Parte3 - Contributo azienda

Contributo azienda
Oltre alla destinazione del proprio Tfr, al fondo pensione c’è la possibilità di contribuire con un versamento su base volontaria e con un contributo a carico del datore di lavoro. Il contributo che il datore di lavoro versa nei fondi pensione, qualora anche il lavoratore, oltre al Tfr versi il proprio contributo, è stabilito nei contratti collettivi nazionali di lavoro e varia di molto a seconda della categoria di appartenenza. È un vantaggio non da poco, considerando che il contratto collettivo istitutivo di un fondo pensione «contrattuale» può prevedere un contributo datoriale di importo medio pari a circa l’1,2% della retribuzione annua assunta a base per il calcolo del Tfr (si veda a questo proposito la tabella completa). Ma attenzione, se i lavoratori ai quali il contratto si applica, decidono di aderire a una forma pensionistica individuale anziché al fondo contrattuale (ad esempio perché attratti da potenziali performance finanziarie più interessanti o perché la forma individuale offre particolari garanzie assicurative accessorie) non possono pretendere che il datore di lavoro versi al fondo la contribuzione prevista.
Ancora deduzioni
A decorrere dal 1° gennaio 2007, i contributi versati dal lavoratore e anche quelli versati dal datore di lavoro ai fondi pensione (vedi paragrafo che precede) sono deducibili dal reddito complessivo fino a un limite di 5.164,57 euro. Ad esempio, un lavoratore che versa a un fondo pensione contributi annui pari a 3.000 euro, e che abbia un’aliquota marginale imponibile del proprio reddito pari al 27%, godrà di un risparmio fiscale annuo di 810 euro. Il che vuol dire che contribuirà al proprio conto previdenziale con 3.000 euro ma che gli saranno costati, grazie al risparmio fiscale, 2.190 euro.
Vicini alla pensione
Le prestazioni dei fondi pensione potranno arrivare, ovviamente, solo quando saranno raggiunti dal lavoratore i requisiti per il pensionamento ordinario. Inoltre l’aderente deve aver partecipato a forme pensionistiche complementari per almeno cinque anni. Per chi non si trovasse in questa condizione vi è la facoltà di proseguire la contribuzione, anche oltre il raggiungimento dell’età pensionabile prevista dal regime di base, fino a quando lo riterrà opportuno. Ciò consente a un lavoratore prossimo alla pensione di aderire a un fondo pensione, dedurre il contributo versato annualmente nel limite massimo di 5.164,57 euro all’anno e uscire richiedendo la liquidazione dell’intero montante accumulato, con una imposizione fiscale estremamente favorevole del 15%.
Infatti, di norma, l’aderente ha facoltà di richiedere la liquidazione della prestazione pensionistica sotto forma di capitale nel limite del 50% della posizione individuale maturata e la parte restante erogata sotto forma di rendita. Ma, in questo caso, verrebbe infatti sfruttata la facoltà concessa dalla normativa vigente di riscuotere l’intero montante accumulato in capitale nel caso in cui l’importo, che si ottiene convertendo in rendita vitalizia immediata annua senza reversibilità (cioè che non prevede il pagamento della rata di rendita ai beneficiari designati in caso di decesso) a favore dell’aderente il 70 per cento della posizione individuale maturata, risulti inferiore al 50 per cento dell’assegno sociale (vincolo rispettato per l’aderente che contribuisce per pochi anni, ad esempio versando 5.164,57 per 5 anni).

In tal caso l’adesione al fondo pensione si configura come un’operazione molto simile a una gestione patrimoniale, ma con tassazione agevolata dei redimenti all’11 per cento annuo contro l’attuale 12,50 degli altri strumenti di risparmio gestito (che potrebbe passare al 20% a seguito di un prossimo decreto fiscale collegato alla Finanziaria 2007).
(2 - Continua. La terza
puntata sarà pubblicata lunedì 22 gennaio
)

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