I verbali delle indagini sul G8

Massimo Malpica

Ogni volta che gli atti giudiziari che riguardano Silvio Berlusconi «volano» misteriosamente dalle stanze delle procure alle redazioni dei giornali - cosa che accade sovente - è raro che qualche politico dell’opposizione si ricordi, anche di striscio, di stigmatizzare la fuga di notizie.
Quando il Ruby-gate è esploso a mezzo stampa, per esempio, due nomi noti del Palazzo come gli ex ministri Francesco Rutelli e Antonio Di Pietro non hanno lesinato in sparate, ma dirette esclusivamente verso il Cavaliere. «Si presenti dai pm», ha tuonato l’ex sindaco di Roma, mentre il leader Idv ha chiesto direttamente le dimissioni del premier. Eppure anche loro si sono trovati dall’altra parte della barricata, come «vittime» di fughe di notizie. Ed entrambi hanno pensato bene di lamentarsene. Direttamente con i magistrati.


SE LA FUGA DI NOTIZIE NON PIACE
La doppia circostanza emerge dagli atti dell’inchiesta perugina sui lavori per il G8 alla Maddalena e sugli appalti per i «Grandi eventi». Sia Rutelli (che era il coordinatore del comitato per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia) che Di Pietro (all’epoca ministro delle Infrastrutture) sono stati coinvolti nelle indagini (ma entrambi non indagati). Tirati in ballo tutti e due dall’architetto di Anemone, Zampolini, sono finiti sui giornali per i rapporti con Balducci (Rutelli) e per presunte assegnazioni di case tramite la cricca (Di Pietro). Il leader Idv è stato anche sentito, in due occasioni, dai magistrati, come persona informata dei fatti. Rutelli, invece, ai pm perugini mandò una sua memoria. Dalle carte, viene fuori una certa insofferenza comune alla «strana coppia» per l’attenzione che la stampa aveva prestato al loro ruolo nell’indagine, la scorsa estate. Insofferenza che entrambi non esitarono a manifestare, direttamente con i magistrati.


E RUTELLI SI AMAREGGIA

Rutelli, per esempio. Lo scorso 15 giugno, il leader dell’Api spedisce una memoria alla procura di Perugia, «facendo seguito alla mia telefonata dello scorso 13 giugno», come si legge nella lettera autografa che accompagna il plico. Ma la parte più interessante è un’altra. In qualche modo, dopo che il contenuto dei verbali di Zampolini era finito sui giornali, il nome del «terzopolista» veniva dato da alcuni quotidiani come prossimo alla convocazione in procura. Rutelli mostra di non gradire. Così, dopo aver spiegato al capo della procura che la memoria già chiariva tutto (forse un modo per sostenere l’inutilità del suo interrogatorio), aggiunge: «Non posso nasconderle di non aver apprezzato il ripetuto preannuncio a mezzo stampa - da parte di non si sa bene chi - di una mia ipotetica convocazione a Perugia “come persona informata sui fatti”». Con questa seccatissima premessa, il saluto finale della lettera, «con molta cordialità», suona un po’ formale.


I DUE VERBALI DI TONINO

Anche Antonio Di Pietro si lagna, e non lo fa nel primo interrogatorio (a Firenze, il 17 maggio) ma nel secondo, quando i pm di Perugia Tavarnes e Sottani vanno in trasferta a Roma, l’8 giugno, per ascoltare ancora una volta l’ex collega. Il diverso approccio è spiegato dal «solito» architetto Angelo Zampolini, che tra prima e seconda convocazione era saltato fuori sostenendo che Balducci e Anemone avessero cercato casa a Tonino. Che, quando i magistrati gli chiedono di chiarire sui suoi rapporti con Balducci e Toro, sulle case e sulla denuncia contro Zampolini, si difende attaccando. Balducci? Lo conosceva Stefano Pedica, forse avrà chiesto lui una mano a trovare le case, spiega. I grandi eventi per i 150 anni? Nessun interesse per Isernia, anzi, molti dubbi espressi anche a Rutelli, prosegue.


IL LEADER IDV VEDE IL COMPLOTTO

Poi, per dessert, macedonia di fuga di notizie in salsa di complotto. «Voglio produrre - mette a verbale - una serie di articoli giornalistici al fine di dimostrare la strumentalità dell’accostamento del mio nome a quello della cosiddetta “cricca”. È a mio parere evidente come le dichiarazioni riportate dalla stampa e che non so se corrispondano a quelle effettivamente rese innanzi a voi, siano state diffuse agli organi di informazione e da questi divulgate al fine di creare un danno alla mia immagine di politico». Su chi le abbia diffuse (i pm, gli investigatori, gli avvocati) Di Pietro non si sbilancia. Ma toccato in prima persona strilla per il «grave danno a me recato», e chiede «Giustizia», proprio con la G maiuscola.


LUNARDI, ANEMONE E IL PAPA

Tra le carte, anche il rapporto del Ros sulle intercettazioni telefoniche tra Pietro Lunardi, Anemone e Balducci. Sono soprattutto saluti, «abbracci», appuntamenti, auguri per il capodanno. Una telefonata più insolita vede protagonisti l’ex ministro e Balducci, che uniscono due temi apparentemente poco conciliabili: i 150 anni dell’unità d’Italia e il papa. Lunardi chiama Balducci per invitarlo a un concerto, ma l’ex presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici non può accettare. Lunardi, però, introduce un altro argomento. L: «Senti, poi, pensavo una roba... il...

Castelgandolfo, quella cosa lì per il Papa (...) non si riesce a metterla dentro ai 150 anni?». B: «Eh, guarda, ti ricordi? L’avevamo detto... io ho cominciato a farci un ragionamento e quando ci vediamo poi te lo... va bene?». L: «Sì, perché sarebbe importante».

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