Di fronte all’ennesima tragedia che ha stroncato la vita di circa 600 persone venerdì scorso al largo delle coste libiche portando a diverse migliaia il totale dei cadaveri che giacciono nei fondali del Mediterraneo nel disperato tentativo di raggiungere le nostre coste, io non solo sono favorevole, ma ritengo necessario, anzi doveroso e impellente, accreditare in seno al diritto internazionale, europeo e italiano il reato di immigrazione clandestina che sanzioni innanzitutto gli Stati che favoriscono la partenza dei clandestini, poi la criminalità organizzata che gestisce il loro trasferimento lucrando spregiudicatamente sulla loro pelle, infine gli stessi clandestini che, consapevolmente, pagano per imbarcarsi sulle carrette del mare per entrare illegalmente in un altro Stato.
Il reato di immigrazione clandestina è contemplato nell’ordinamento giuridico di Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna e Svizzera, pur con delle differenze nella sua attuazione o perché non vige l’obbligatorietà dell’azione penale o perché si riconosce comunque al giudice l’opzione amministrativa dell’espulsione del clandestino. Eppure, chissà perché, le Nazioni Unite e l’Unione Europea sono insorte solo contro l’Italia quando il nostro Parlamento, con il conforto della Corte Costituzionale (sentenza n. 250/2010), ha legittimato il reato di immigrazione clandestina.
Se abbiamo veramente a cuore la vita di tutti, senza alcuna eccezione, se al tempo stesso teniamo alla salvaguardia del nostro stato di diritto - pena il venir sempre meno della credibilità della nostra civiltà - , ebbene è arrivato il momento di affrancarci sia dall’ipocrisia di chi predica bene e razzola male sia dal buonismo di chi pensa di poter far del bene agli altri danneggiando se stesso.
Come è possibile che se circa 600 persone muoiono affogate su una carretta del mare in acque libiche, così come è successo venerdì scorso, o anche in acque internazionali, nessuno ne ha colpa, nessuno si indigna e tutto si risolve nell’oblio; mentre se questa tragedia si fosse consumata in acque territoriali italiane, così come è effettivamente successo in passato, tutti si sarebbero scatenatiper condannare il nostro governo, dalle Nazioni Unite all’Unione Europea, dalla Conferenza Episcopale Italiana ai Medici senza frontiere, dalle Procure ai partiti d’opposizione?
La vita di 600 persone ha un valore in sé o vale solo se si può colpire il governo di uno stato di diritto e un sistema democratico la cui Costituzione all’articolo 10 ci impone di accogliere e di accordare l’asilo politico allo straniero «al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana»? Ma lo sappiamo che nel mondo ci sono miliardi di stranieri che potrebbero rivendicare questo «diritto» una volta ottemperate le formalità previste dalla legge?
Come è possibile che se uno straniero si presenta a una frontiera terrestre o aeroportuale senza un regolare visto d’ingresso viene fermato, gli viene impedito di entrare nel nostro territorio nazionale, mentre se arriva su una carretta del mare siamo obbligati ad accoglierlo, ad accollarci i costi dell’ospitalità in un centro di identificazione anche per dei mesi, in aggiunta ai costi dell’allontanamento se nel frattempo non è riuscito a dileguarsi, andando a ingrassare le file della criminalità attiva nelle nostre città? Come è possibile che se un estraneo dovesse tentare di entrare abusivamente a casa mia per qualsivoglia ragione la legge mi riconosce il diritto di impedirgli di entrare, di salvaguardare il mio patrimonio, di difendere con tutti i mezzi la mia incolumità fisica fino a sparargli per legittima difesa, mentre se uno straniero si comporta allo stesso modo nella nostra casa comune, l’Italia, presentandosi senza i documenti prescritti dalla legge, siamo obbligati ad accoglierlo, a garantirgli un tetto e il vestiario, a dargli da bere, mangiare e le sigarette, verificando solo successivamente se sussistono le condizioni per accordargli lo status di rifugiato politico?
Come è possibile che nel nostro stato di diritto, se un cittadino dovesse avere un qualsiasi rapporto con la criminalità organizzata viene sanzionato a norma di legge con il carcere, la confisca dei beni e l’ostracismo sociale,mentre consideriamo legittimo interagire con il fenomeno del traffico di clandestini pur essendo gestito dalla criminalità organizzata al punto che i suoi profitti superano quelli del traffico della droga? Come è possibile che le Nazioni Unite, l’Unione Europea e l’Italia facciano finta di non sapere che ciascun clandestino paga una cifra superiore ai mille euro per imbarcarsi sulle carrette del mare, mentre di fatto risultano collusi e conniventi con questi cinici mercanti di morte che non esitano a mettere a repentaglio la vita di disperati pur di realizzare dei colossali profitti? Non possiamo continuare a imporci dei doppi parametri etici e giuridici per giustificare la nostra incapacità di far affermare la certezza del diritto e della pena a casa nostra nei confronti di tutti, senza discriminare nessuno, ma anche senza esentare alcuno.
Non siamo credibili se la legge vale per tutti tranne che per i clandestini, per chi li sfrutta e chi li manipola. Non possiamo continuare a non volerci bene al punto che accordiamo agli altri ciò che non concepiremmo mai per noi stessi, immaginando che si possa amare il prossimo odiando se stessi, illudendosi che vi possa essere un bene per il prossimo a scapito del nostro bene. Se dovessimo continuare a imporci di riservare agli stranieri un trattamento privilegiato rispetto a quello prescritto agli italiani, finiremmo per scatenare una guerra intestina in balia del male incontrollabile del razzismo.
Ebbene, se veramente abbiamo a cuore la vita delle persone che sono costrette a fuggire dai loro Paesi a causa delle guerre, della fame o della disperazione, dobbiamo rimuovere le cause del loro malessere per consentire loro di poter vivere in pace e dignitosamente a casa loro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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