I vescovi: nessun privilegio, solo demagogia

Il fronte cattolico ai massimalisti: "Poco intelligente reintrodurre le tasse sulla carità"

I vescovi: nessun privilegio, solo demagogia
Roma - Il titolo di Famiglia Cristiana è molto eloquente: «Ma le mense della Caritas non sono ristoranti». In un duro editoriale, il settimanale dei Paolini liquida «l’infondata polemica sui presunti privilegi fiscali della Chiesa» accusando la sinistra verde e radicale, a incominciare da Paolo Cento, di montare questa storia solo per «calcare la scena» politica in un momento di difficoltà.

Da più di una settimana il sottosegretario all’Economia chiede di rompere il «tabù» dei privilegi fiscali della Chiesa, aprendo una discussione in Parlamento e affrontando il tema nella prossima Finanziaria. L’occasione era rappresentata dall’intervento del segretario di Stato Vaticano, Tarcisio Bertone, al Meeting di Rimini sul dovere di pagare le tasse secondo leggi giuste. E ora che la Lega lancia lo sciopero fiscale e l’Ue chiede chiarimenti sugli sgravi della Chiesa, l’argomento è più che mai d’attualità.

Il governo, per Famiglia Cristiana, è in difficoltà sul tema delle tasse e allora qualcuno individua «la madre di tutti i guai fiscali nella Chiesa cattolica che gode di privilegi enormi, che vanno sbaragliati. Possiede immensi beni e benefici, che vanno naturalmente tassati. E dunque non può atteggiarsi a paladina della lotta all’evasione. Insomma, da quel pulpito non può venire la predica». Ma in realtà, spiega l’editoriale, si fa confusione tra Vaticano e Chiesa e solo a quest’ultima è destinato l’8 per mille, che «non è un privilegio». Per il resto, l’intesa approvata dal Parlamento «prevede che le attività economiche della Chiesa italiana siano tassate al pari degli altri contribuenti». Quanto all’Ici, non si paga «solo per gli immobili dove si fa un’attività sociale e non commerciale. Forse Cento pensa che le mense della Caritas facciano concorrenza ai ristoranti?». Per la rivista dei Paolini, tanta confusione serve solo ad attirare l’attenzione su una sinistra radicale che si è autoesclusa dal dibattito sul Partito democratico.

Così, si rispolvera la legge della «manomorta», cioè la tassazione sulla rendita dei beni e sulla carità praticata da giacobini, Borboni e dai piemontesi di Cavour e abolita solo da De Gasperi. Ciò «non fa onore all’intelligenza di un sottosegretario di Stato all’Economia, né al governo che rappresenta».

Un affondo deciso e, d’altronde, già il segretario della Cei Giuseppe Betori - sul quotidiano dei vescovi Avvenire - aveva tacciato tutta la polemica di «demagogia», precisando che l’esenzione dall’Ici non rientra nel Concordato. «Un privilegio che non c’è». Un intervento necessario anche perché lunedì si era fatto un gran clamore sull’intervista di Karel Kasteel, segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum, il ministero della Solidarietà. Per La Stampa avrebbe detto che la Santa Sede non ha preclusioni sulla revisione del Concordato. Ma il portavoce Vaticano aveva parlato di «posizione personale» e lo stesso Kasteel aveva smentito il senso dato alle sue parole nell’intervista.
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