Ibra, Lippi, Trapattoni quando il «lato B» può valere un mondiale

Se scrivo Zoccola qualche cialtrone potrebbe pensare male. Se aggiungo il nome, Biagio, allora chi si occupa di football dovrebbe ricordarsi del napoletano che ha inaugurato questa storiella degli autogol. Secondo l’almanacco il fatto accadde il sei di ottobre del Ventinove, prima giornata del primo campionato a girone unico, Juventus-Napoli, pronti via, dopo dieci minuti Zoccola di cui sopra batte il proprio portiere Cavanna, i napoletani rimontano con due reti di Mihalic, la Juventus vince con Cevenini e Munerati. Kaladze ha voluto celebrare in modo grandioso gli ottant’anni dell’autogol. Si dice che la sfortuna ci veda benissimo ma non è vero che la fortuna sia cieca come qualcuno sostiene.
Prendete Ibrahimovic che dovrebbe giocare al superenalotto, non per esigenze finanziarie, ma perché certi colpi del lato B gli vengono benissimo: agli Europei contro l’Italia di tacco, ce lo ricordiamo bene, sabato notte contro l’Ungheria di petto, collo, di tutto un po’, sempre all’ultimo secondo. Prendete Trezeguet, quello del golden gol sempre contro di noi, maledetto. Prendete Pippo Inzaghi che segna comunque e dovunque ma riesce nell’impresa di andare in gol di spalla, in una finale di Champions. Ora i sacerdoti del kamasutra tattico, quelli che conoscono tutte le posizioni ma spesso si dimenticano della principale, cioè saper giocare a pallone, come spiegano il fenomeno della fortuna?
Lippi ci ha provato dicendo che la fortuna azzurra a Tbilisi è stata legittimata dal numero di occasioni e dalla ricerca della vittoria. Ci mancava pure che i campioni del mondo, contro i georgiani, se ne stessero al domicilio coatto, soffrendo fino all’ultimo. Ci sta, ci sta sorpassare il Camerun al mondiale americano, mentre avevamo il rosario “straordinerio” tra le mani, ci sta la parata di Zoff sulla linea di porta al colpo di testa del brasiliano Oscar nel mondiale spagnolo; ci sta in tutte le discipline sportive, esempio acciuffare la vittoria olimpica all’ultimo canestro del sovietico Belov sugli Stati Uniti, perdere il mondiale di Formula 1 all’ultimo giro, per una gomma spappolata, come Mansell con Prost, vincerlo ancora all’ultimo chilometro grazie alla pioggia e al sole, per un solo punto, come è accaduto a mister Hamilton.
Roba che non può essere prevista o disegnata alla lavagna e nemmeno studiata o sviluppata dal computer; polvere di stelle che cade dal cielo e favorisce gli audaci, dicevano i latini, anche se qui l’audacia non c’entra un fico secco, anzi, spesso mortifica il leone e premia il coniglio. Trapattoni, dopo la vittoria dell’altra sera a Cipro, è stato ribattezzato dai colleghi di Dublino “lucky man”: «Con una fortuna del genere, se va a Las Vegas gli proibiscono di entrare al casinò».

Lippi, che ne ha preso il posto sulla panchina azzurra, deve aver trovato spiccioli del tesoretto che era appartenuto anche a Sacchi e ad altri inquilini del sito. Non è il caso di vergognarsi ma in alcuni casi è meglio stare zitti, non esultare, non fare i furbi con la roba d’altri ma prendere su e portare a casa. Altrimenti, la prossima volta, gli dei si vendicano.

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