Imprese in fuga ecco perché: l'Italia snobba gli aiuti di Stato

Siamo noi a finanziare gli sgravi fiscali ai Paesi che ci stanno sfilando le aziende. Così il caso Embraco rivela la debolezza della politica economica comunitaria

Imprese in fuga ecco perché: l'Italia snobba gli aiuti di Stato

L'Europa è talmente ipocrita che fa finta di scandalizzarsi perché la Embraco lascia l'Italia per approdare in Slovenia e poi concede alla Slovenia fondi europei finalizzati anche a concedere aiuti di Stato legali alla Embraco.

Sì, perché per parlare, con i numeri, del caso Embraco occorre partire da un presupposto: è falso che in Europa gli aiuti di Stato siano vietati mentre è vero il contrario: sono legali, a certe condizioni. E sono condizioni talmente lasche, che, come mostrano i grafici in queste pagine, la Germania nel 2016 ha concesso aiuti di Stato, autorizzati dall'Europa, per un controvalore pari all'1,3% del proprio Pil nel 2016. Stiamo parlando di più di 46 miliardi di euro. Nello stesso anno la Danimarca ha concesso aiuti di Stato legali alle imprese per l'1,63% del proprio Pil mentre l'Italia ne ha concessi solo per lo 0,22%. Volete sapere quanti soldi ha dato la Slovenia alle imprese? Lo 0,76%, più del triplo rispetto all'Italia. È ovvio che c'è qualcosa che non va perché è chiaro che quegli aiuti di Stato sono finalizzati o a mantenere in patria le imprese che volessero andare via o a rubare imprese agli altri Stati europei attirandole con più fondi di quelli che potrebbero ottenere in patria.

Solo considerando questi numeri si capisce perché l'emorragia di imprese dall'Italia verso altri Stati non si fermerà, perché al di là delle condizioni infernali nelle quali sono costrette a lavorare, quelle italiane sono le imprese che ricevono meno aiuti di Stato di tutta Europa tranne l'Irlanda.

Il paradosso politico ed economico di questa situazione è che sono tutti aiuti legali: la fonte dei dati è l'Antitrust europeo che li autorizza. Ma ciò che rende il tutto assolutamente indigeribile è che alla Slovenia, così come a tutti gli Stati dell'Est, sia concesso erogarli utilizzando i soldi italiani. Sì: i soldi che la Slovenia ha intenzione di spendere per strappare la Embraco all'Italia sono soldi italiani. Spieghiamoci. I grafici in queste pagine, elaborati dal sito di data journalism Truenumbers.it sulla base di dati ufficiali, mostrano che ogni anno l'Italia versa all'Europa sotto forma di contributi circa 2 miliardi in più rispetto a quanto l'Europa versi al nostro Paese sotto forma di contributi, fondi, sovvenzioni. Facciamo finta di crederci (per la Ragioneria Generale dello Stato i miliardi sono 4,7 nel 2015 e nel 2016): ciò che è importante sapere è che quei soldi finiscono centrifugati dentro al bilancio europeo e poi vengono distribuiti ai Paesi più poveri per colmare le loro differenze di sviluppo economico con i Paesi europei più avanzati. E tra i Paesi più poveri c'è la... Slovenia che incassa 598,4 milioni di euro in più rispetto a quanto versa. Poco rispetto agli oltre 9,6 miliardi incassati dalla Polonia, ma sufficienti per poter dire che i soldi all'Embraco sono (anche) nostri.

Ma ci sono altri numeri, sempre ufficiali, che mostrano come la convivenza in Europa di Paesi sviluppati che si impongono di versare soldi ai Paesi meno sviluppati in nome della uniformità degli indici economici sia ormai una maionese impazzita che genera mostri. La stessa Commissione europea ha studiato quanta parte degli investimenti pubblici di ogni Paese aderente sia finanziata da fondi europei. Il risultato è che l'80% degli investimenti pubblici portoghesi sono frutto dei trasferimenti europei così come il 74,5% degli investimenti croati e il 68,8% di quelli lituani. La Slovenia, se non ricevesse aiuti dagli altri Paesi, dovrebbe rinunciare al 25,1% dei propri investimenti mentre l'Italia al 15%. Quello del livello degli investimenti pubblici è uno degli indicatori che sono serviti, sempre alla Commissione europea, per stabilire il grado di competitività dei Paesi aderenti. Il risultato, ovvio, è che la Slovenia risulta essere più competitiva dell'Italia: la Slovenia ha un punteggio di -0,028 e l'Italia è a -0,518.

Di fronte a questi numeri è perfino superflua la classifica sul costo del lavoro in Europa (un'ora

di lavoro in Italia costa all'impresa 27,5 euro, in Slovenia 16,1). La sua sola utilità consiste nel dimostrare come la Ue sia un'accozzaglia di Paesi che tra loro non hanno praticamente nulla in comune se non la retorica.

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