Inchiesta Asl, 5 condanne e primi risarcimenti

Alessia Marani

Sette anni di carcere per Mario Celotto, ex direttore amministrativo prima alla Asl Rm B, poi alla Rm C; sei anni e quattro mesi per il suo «braccio destro» e funzionario amministrativo, Paolo Ippopotami; due anni e sei mesi per Ferdinando D’Alise e tre anni e quattro mesi per Alessandro Visca (cognato di Celotto), rispettivamente legale rappresentante e titolare di due società in cui sarebbero confluite le somme illegittimamente «distolte» dalle casse delle aziende sanitarie laziali. Infine, tre anni e quattro mesi per Massimiliano Berardi, ex genero di Ippopotami e amministratore della società Thil Italia. Queste le condanne inflitte ieri mattina con rito abbreviato dal gup del Tribunale di Roma, Maria Teresa Covatta nell’ambito del processo sulle truffe al sistema sanitario regionale messe in piedi da dipendenti e imprenditori attraverso un abile sistema di false fatturazioni. Disponendo anche il risarcimento in sede civile nei confronti di Regione, Asl Rm B e Rm C.
Un’inchiesta in cui sono confluite indagini parallele della Guardia di finanza e dei carabinieri del comando provinciale di via In Selci, partita da riscontri incrociati delle banche erogatrici del denaro pubblico sui mandati di pagamento firmati dai funzionari aziendali. Il sistema, in pratica, funzionava così: in parte approfittando degli atavici ritardi nel saldo delle fatture da parte delle Asl, gli amministrativi «dirottavano» i mandati di pagamento su altre ditte facendo figurare una cessione del credito a terzi. Guarda caso i «terzi» erano rappresentati da aziende «amiche», appunto e che poco o nulla avevano a che spartire con la sanità. Oppure, «solerti» impiegati disponevano fatture cloni di quelle reali, ma con gli estremi bancari «ad hoc» per l’accredito direttamente ai complici. Un maxi-imbroglio al sistema sanitario nazionale che in poco tempo, dal ’98 al 2001, avrebbe sottratto all’erario pubblico (ovvero alle tasche dei contribuenti) circa 12 milioni di euro. Alla Asl Rm B Celotto, 59 anni e Ippopotami, 57 anni, di Guidonia, avevano prestato servizio, appunto, dal ’98 al 2001. Trasferendosi successivamente da via Meda, al Tiburtino, negli uffici fatture e acquisti di via dell’Arte, all’Eur. «Nel caso di Celotto e Ippopotami - spiegano gli inquirenti - il denaro veniva convogliato a una società a responsabilità limitata, formalmente di catering, in realtà una semplice copertura, intestata al Berardi, 41 anni, pluripregiudicato per associazione a delinquere legata allo spaccio e alla ricettazione; a fare funzionare l’ingranaggio partecipava anche un’incensurata di 37 anni, Tiziana G., consulente dell’azienda che gestisce il sistema informatico della Asl e, quindi, in possesso delle password per accedere ai programmi di archiviazione e gestione dati». Nell’ambito della stessa inchiesta il 3 maggio scorso lo stesso gup Covatta aveva rinviato a giudizio altri 5 imputati accusati, a seconda delle singole posizioni, di associazione a delinquere, truffa, falso ideologico, accesso abusivo al sistema informatico, riciclaggio.

Si trattava di Alberto D’Alesio, Aldo Mencarelli, Anna Nolano (moglie di Celotto), nonchè di Annalisa e Simona Celotto (figlie dello stesso funzionario). Il processo nei loro confronti è in corso davanti alla IV sezione del tribunale penale collegiale e la prossima udienza è fissata proprio per oggi.

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