Gian Marco Chiocci
Luca Fazzo
Milano - «Non possiamo mica fare le rogatorie alle Cayman, si figuri se ci rispondono...». Così, nelle pause degli interrogatori, i pubblici ministeri milanesi rispondevano a Emanuele Cipriani, il detective privato che aveva indagato sull’Oak Fund, il «Fondo della Quercia», e sui suoi presunti legami con il partito dei Democratici di sinistra. È ben vero che le Cayman non sono famose per la loro disponibilità a collaborare con le magistrature occidentali, specie se vengono a frugare nel segreto bancario e fiscale che - insieme alle immersioni subacquee - è il core business dell’arcipelago caraibico. Ma ora si scopre che il dossier su Oak Fund conteneva spunti investigativi assai più raggiungibili, se si fosse voluto accertare quanto di vero e quanto di falso ci fosse nelle conclusioni riassunte da Cipriani nei suoi «summary», i report stampati su carta giallina e inviati a Giiuliano Tavaroli, all’epoca capo della Security di Telecom.
È ben vero che il foglio cruciale, quello, ampiamente macchiato, che invita a «evitare di mostrare Massimo D’Alema come rappresentante», sembra provenire dalle Cayman. Ma i segugi assoldati da Cipriani hanno scovato anche da questa parte dell’oceano tracce che poi sono finite nel dossier, indicate come tasselli del sudoku finanziario che lega l’affare Telecom, il fondo Quercia e il principale partito della sinistra.
C’è, come riferito ieri dal Giornale, l’appunto con il nome di quello che il dossier definisce «il Greganti del nuovo millennio», il fiduciario che gestiva i conti del «Fondo Quercia»: un signore che abita in corso di Porta Romana, a Milano, a poca distanza dal palazzo di giustizia. E non è tutto. Ci sono una serie di conti correnti, anch’essi collegati alle operazioni di Oak Fund, appoggiati presso una banca che più italiana non si può: la Antoniana Popolare Veneta, meglio nota come Antonveneta, l’istituto che - dopo il fallimento della scalata da parte della Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani, è finito nelle mani degli olandesi di Abn Amro e poi in quelle del Monte dei Paschi di Siena.
Secondo il dossier, la Citco Holding, la società che detiene il controllo dell’Oak Fund, ha un conto presso la filiale lussemburghese dell’Antonveneta, gestito da tale signor Tschiderer, ma anche un conto presso una filiale in Italia dello stesso istituto. È su questo conto che - secondo lo schema ricostruito da Cipriani - passa l’ultimo movimento di denaro individuato nel dossier prima della sospensione delle investigazioni, i 10 milioni e 785 mila dollari provenienti da una non meglio specificata società Crystal. E, sempre secondo lo schema, riconducibile al «noto partito». Una verifica su questi dati, con i potenti mezzi della Procura milanese, non sarebbe stata particolarmente gravosa. Eppure non ci fu, e la storia del conto Oak Fund sarebbe rimasta sepolta nel dossier se il giudice Giuseppe Gennari, la settimana scorsa, non avesse tolto il segreto sull’intero frutto delle fatiche di Cipriani.
Insieme al dossier sul «Fondo Quercia», è stato riportato alla luce tutto il contenuto della «Banca dati Zeta», ovvero l’intero archivio Cipriani. Tra questi ci sono altri dossier delicati, e solo in parte commissionati da Tavaroli. Ce n’è uno, assai approfondito, sull’attuale amministratore delegato di Enel Fulvio Conti, realizzato all’epoca in cui nella stessa azienda rivestiva la carica di direttore finanziario.
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