Indice di povertà, Parigi e Londra peggio di noi

Il tempo dei tassi inchiodati all’1% sta per finire: già in aprile, la Bce potrebbe muovere verso l’alto le leve del costo del denaro, rimaste ferme dal maggio 2009 allo scopo di arginare la crisi. A scoprire le carte sulle prossime mosse è stato ieri Jean-Claude Trichet, nel corso della conferenza stampa che segue il direttivo dell’istituto, in cui il presidente dell’Eurotower non solo non ha accompagnato alla parola tassi l’aggettivo «appropriati», ma ha invece parlato di «forte vigilanza», formula che prelude a una stretta ravvicinata. Con l’intento di essere ancor più chiaro, il leader della Bce ha poi perfino rivelato il timing dell’intervento: un giro di vite «è possibile, non certo, ma possibile già in aprile».
Come da abitudine, Francoforte prepara sempre il terreno ogniqualvolta è in procinto di modificare la politica monetaria. Ma questa volta, l’intervento di Trichet ha colto un po’ tutti in contropiede: fino a ieri, gli analisti collocavano la stretta non prima della seconda metà dell’anno, preferibilmente fra il terzo e il quarto trimestre. La guerra civile in Libia, con i prezzi del petrolio schizzati fino a 120 dollari il barile a soffiare sul fuoco dell’inflazione, ha sconvolto i piani della stessa Bce. Mantenere una politica estremamente accomodante, con i tassi schiacciati sui livelli più bassi da sempre, appare a questo punto non più sostenibile per un istituto che fa della stabilità dei prezzi la propria stella polare e che, tra l’altro, anche a causa del denaro a buon mercato ha visto gli utili 2010 quasi dimezzati (dai 2,21 miliardi del 2009 a 1,33 miliardi). Trichet ha parlato di «rischi sui prezzi sbilanciati al rialzo», e anche se al momento non pare essersi innescata una spirale prezzi-salari, la Bce ha corretto verso l’alto le stime sull’inflazione, portandole dall’1,8% al 2,3% nel 2011 e dall’1,5% all’1,7% nel 2012.
Quest’anno, dunque, l’Eurotower mette in preventivo di non riuscire a comprimere il carovita sotto la soglia di tolleranza del 2%. È evidente che se le tensioni sulle quotazioni del greggio e delle materie prime non dovessero rientrare o, peggio, si inasprissero, ben altri scenari si aprirebbero. Il numero uno della Fed, Ben Bernanke, considera per esempio «realistico» il rischio di uno choc petrolifero che costringerebbe la Bce a muoversi con grande decisione, anche a costo di impattare sulle famiglie con mutuo a carico, sulle necessità di finanziamento delle imprese e, in definitiva, su una ripresa economica che per ora «prosegue» ma senza slancio. Secondo Trichet, «non è corretto» pensare già a un aumento dei tassi di mezzo punto in aprile, nè che un ciclo restrittivo stia per prendere le mosse. Tutto «dipenderà dall’evolversi della situazione», ha sintetizzato il banchiere francese.

Mentre i mercati stanno cominciando a metabolizzare l’ormai imminente stretta, con l’euro giunto a sfiorare 1,40 dollari e le Borse in calo (-0,38% Milano), gli analisti si interrogano su quante saranno le mosse dell’Eurotower quest’anno: c’è chi dice tre, con i tassi all’1,75% entro dicembre, chi addirittura quattro e quindi con un costo del denaro raddoppiato rispetto a oggi. Poi, da gennaio 2012, toccherà forse a Mario Draghi il compito non facile di reggere il timone della Bce.

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