Benny Casadei Lucchi
nostro inviato a Indianapolis
Jarno Trulli è uomo che sceglie i circuiti doc per lasciare il segno: fece così a Montecarlo, anno 2004, concesse il bis a Spa, tempio europeo della velocità, e si è ripetuto qui a Indy. Accanto a lui, Raikkonen a caccia del leader mondiale Alonso (solo sesto). Schumi e Barrichello inseguono, invece, uno quinto e l’altro settimo, a conferma che la lenta resurrezione prosegue. Per Jarno, trattasi forse della pole più bella, di certo la pole più rischiosa e strana. Dice: «Visti tutti i problemi di gomme avuti dai team, ero davvero preoccupato durante il giro di qualifica, per fortuna è andato tutto bene». Perché dietro questo risultato si nascondono i molti tormenti della giornata americana, le paure di sette dei dieci team, quelli gommati Michelin, e dei loro piloti, dei loro tecnici, degli stessi organizzatori che ancora nel pomeriggio sentivano parlare di Gp a rischio con Ecclestone in persona a tranquillizzarli: «Vedrete, domani (oggi, ndr) non ci sarà alcun problema».
Tutto è iniziato quando la Michelin si è accorta che il brutto incidente avuto da Ralf Schumacher venerdì nelle libere, era stato causato dallo scoppio della gomma posteriore sinistra. Tutto si è complicato ieri quando, nonostante le analisi, il costruttore francese non è riuscito a trovare la causa del cedimento. Mentre Ralf annunciava che per la botta presa, i medici lo avevano consigliato di non correre, la Michelin comunicava ai team clienti le specifiche, le modifiche da apportare agli assetti delle monoposto, per correre in sicurezza le qualifiche, «perché le gomme portate in America, non la garantivano». Peggio ancora in gara. «Visto che non siamo stati in grado di trovare la causa – dirà il gran capo Michelin, Nick Shorrock -, abbiamo spedito dalla Francia le gomme preparate per lo scorso Gp di Spagna; sono in arrivo, con quelle i nostri team (tutta la F1, tranne Ferrari, Jordan e Minardi gommati Bridgestone, ndr) potranno disputare in sicurezza il Gp, altrimenti i rischi saranno troppi. Ora attendiamo dalla Fia il permesso per utilizzarle». Sul tema, in rapida sequenza sono però arrivati il no della Federazione («Possono farlo ma verrebbero penalizzati visto che violerebbero cinque norme») e quello della Ferrari: «Se il problema è la sicurezza, basta che vadano più piano». Gli uomini del Cavallino hanno poi fatto notare che anche loro, quando proprio a Barcellona subirono due forature nella stessa gara, decisero «di ritornare a specifiche di gomma più conservative e, dunque, meno veloci».
Questo la mattina. Più tardi, quando apparivano ormai chiare l’irremovibile posizione della Rossa e i molti dubbi della Fia, il gommista francese ha cercato di smussare la propria posizione e le proprie richieste: «Vediamo in giornata se troviamo la soluzione per le gomme portate qui». Apertura che ha fatto il paio, più tardi, con l’annuncio di analisi a raffica sulle gomme, non solo nella lontana Francia, ma anche nella vicina Sud Carolina, presso uno stabilimento capace d’intervenire proprio sui pneumatici incriminati.
La sensazione forte è, dunque, che il costruttore francese avrebbe comunque potuto subito intervenire modificando assetti e specifiche a scapito delle prestazioni anche per la corsa, ma che, invece, prima di farlo abbia voluto puntare all’obiettivo grosso: chiedere, cioè, di poter usare coperture diverse, da far arrivare all’ultimo momento dall’Europa e, probabilmente, un filo più veloci. Di fronte al no della Ferrari, agli sguardi di Ecclestone e di Tony George, padre e padrone di Indy, ha preferito fare dietrofront e optare per la più mesta modifica dei pneumatici presso lo stabilimento vicino.
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