Iniezione fatale in clinica: muore un paziente allergico

La vittima è un pensionato affetto da miastenia I familiari avevano segnalato il divieto di utilizzare due farmaci Denuncia contro Villa Aurora

Valeria Arnaldi

«Signora corra: suo marito è morto». Una telefonata e poche parole concitate: è iniziata così, due giorni fa, la tragedia della famiglia Ghezzi. Dipendente Telecom in pensione, Claudio Ghezzi, 65 anni, doveva effettuare un parziale raschiamento della prostata. Un intervento comune per un uomo di quell’età. Claudio voleva essere operato da un professore che conosceva e della cui professionalità si fidava ciecamente; così, aveva deciso di seguirlo alla casa di cura privata Villa Aurora, in via Mattia Battistini. Accompagnato dalla moglie e dai tre figli, l’uomo il 21 maggio si è ricoverato. «Al momento dell’accettazione - spiega Francesco Lauri, genero del defunto e legale della famiglia - i parenti, con tanto di documentazione, hanno informato i medici che Claudio era affetto da miastenia, malattia che caratterizza l’indebolimento dei tessuti muscolari, e dà una grave forma di allergia a qualsiasi farmaco contenente ranitidina». Solo un mese prima, per avere ingerito una pasticca di Zantac - insieme al Ranidil il farmaco a base di ranitidina più diffuso in commercio - l’uomo era stato portato al pronto soccorso in stato di shock. «Sui documenti compilati il giorno del ricovero - prosegue Lauri - i sanitari hanno segnalato a chiare lettere l’allergia allo Zantac, ma, nello stesso foglio, hanno indicato il Ranidil per la terapia endovenosa. Il giorno seguente, però, hanno corretto l’errore ribadendo l’allergia a entrambi i prodotti». Claudio entra in sala operatoria. Tutto procede per il meglio, l’intervento ha esito positivo e i familiari tornano a casa. Poco prima delle sei del pomeriggio seguente, all’uomo viene, però, iniettato il Ranidil. «Gli altri due pazienti della stanza - dice l’avvocato - hanno raccontato la scena: appena gli è stata somministrata la sostanza, Claudio ha spalancato gli occhi e chiesto cosa gli avessero dato. Poco dopo è entrato in shock anafilattico e alle 20,10 è morto. Appena abbiamo ricevuto la telefonata, siamo andati tutti in clinica, anche la vedova, malgrado viva a circa 50 km da Roma. I medici hanno detto di essere affranti e di non riuscire a spiegarsi come fosse potuto accadere. A insospettirci è stata la frase sfuggita al professore che lo aveva operato. Ripeteva che era incredibile, perché era scritto nella cartella clinica. Non sappiamo ancora se il decesso possa essere imputato esclusivamente al farmaco, resta, però, la grave mancanza di professionalità dei medici, che va al di là del semplice errore. Qui non si tratta di imperizia, ma di omicidio colposo». I familiari hanno presentato immediatamente denuncia al commissariato Aurelio, «non per perseguire qualcuno in particolare, ma per andare a fondo e scoprire la verità su quanto è successo in quella stanza». Secondo Nicandro Buccieri, medico legale consultato dall’avvocato, non ci sarebbero dubbi: «L’autopsia non ha mostrato lesioni a cuore, polmoni o encefalo che possano essere state causa di morte, mentre è noto che in alcuni soggetti quel farmaco può portare all’arresto cardiaco e allo shock anafilattico irreversibile. Non solo. Visto il tipo di patologia del paziente non c’era bisogno del prodotto che gli è stato somministrato. Affetto da miastenia, il signor Ghezzi, subito dopo l’intervento, sarebbe dovuto essere ricoverato in una sala per la terapia intensiva e tenuto sotto osservazione 24 ore, ma la struttura ne è priva». «La famiglia andrà avanti - conclude Lauri - con ogni mezzo.

Vogliamo la verità e vogliamo anche verificare che le credenziali della struttura siano in regola per evitare che la tragedia che ci ha colpiti si ripeta». Malgrado diversi tentativi di ottenere spiegazioni dalla clinica, ieri nessuno ci ha voluto rilasciare dichiarazioni in merito alla vicenda.

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