Sport

Inter, uno scatto da "grandeur" per il nostro calcio

Nella sfida di Champions con il Bayern i nerazzurri devono cancellare il gol di svantaggio, la fragilità difensiva, l’assenza di Pazzini e Milito

Inter, uno scatto da "grandeur" per il nostro calcio

Tifare o non tifare? Questo il problema. Perchè al successo deve pensare l’Inter: anzi l’Internazionale che, mai come ora, verrebbe voglia di accorciare in Inter, lasciando perdere il quantum nazionale. L’Inter si gioca la qualificazione di Champions, anche un pizzico di nobiltà calcistica, ed è l’unica italiana rimasta: una sconfitta (o un pareggio) segnalerebbe un sette su sette, leggasi squadre eliminate già agli ottavi di finale dell’Europa pallonara. Il calcio italiano, soprattutto il campionato, ne uscirebbe più malconcio di quanto già non sia. Il ranking internazionale ci mette alle spalle delle grandi nazioni, quest’anno perfino del Portogallo, nella stagione 2012-2013 perderemo una squadra in Champions (a vantaggio dei tedeschi), le sconfitte di questi mesi sono state crudeli ma realistiche. Forse non è un caso se tra il 1989 e il 1999 l’Italia del pallone ha conquistato 20 coppe (si parla di trofei internazionali per club) e nei successivi dieci anni (2000-2010) il conto si è ridotto a sette coppe. Che potrebbero diventare otto (o più) se l’Inter si riguadagnasse la Champions. C’è da essere rossi. Non solo nel conto.

Allora tifare o non tifare? Risposta scontata per gli interisti. Altrettanto si presume, ma in negativo, per milanisti e juventini. Ma forse il resto d’Italia dovrebbe mettersi una mano sul petto. Nel decennio 2000-2010 sarebbe la quarta sparizione totale prima dei quarti di Champions. La coppa è là nella bacheca dell’Inter: mollarla così presto vale una macchiolina sul pedigrèe della squadra del triplete. L’Inter, quest’anno, si è presentata col gran gonfalone sventolante, forse troppo ottimista, forse a pancia piena e c’è voluto un po’ per ritrovare la fame. Il destino cinico, e chissà mai se baro, le ha riproposto il Bayern, ovvero il revival della finale di Madrid. Poteva essere una sfida esaltante o deprimente. Per ora vince il versante della depressione. Anche se gli ultimi match di campionato (tre sconfitte, prima di un 6-0) hanno dimostrato la fragilità difensiva tedesca: non dev’esser gran momento di forma. Invece l’attacco dell’Inter non è stato mai mollato dallo Spirito santo(leggi Eto’o) e Moratti non ha perso l’ottimismo evergreen. Ieri lo ha replicato, fingendo di dimenticare il brutto visto a San Siro. «Avevamo fatto bene la partita, male solo all’ultimo minuto. Era stata una partita ben impostata, speriamo di fare lo stesso. Quindi ci crediamo ancora».
Ma se è vero che l’Inter ha rischiato di segnare due reti (Ranocchia e Sneijder), nei primi venti minuti, e anche vero che il Bayern ha segnato un gol e preso due pali. C’è da pensare che lo stellone calcistico sia ancora nel dubbio.

L’Inter ha la chance per passare confidando nella difesa del Bayern, ma i tedeschi hanno il miglior alleato nella difesa nerazzurra che, anche schierando Lucio, non garantisce un muro. In questa incertezza sta il bello della partita, perchè almeno cinque attaccanti hanno classe e bella mira. L’Inter gioca con due handicap: il gol di svantaggio, e l’assenza di quei due, Pazzini e Milito. Anche se l’argentino potrebbe comparire a sorpresa in panchina. Tutti sanno che Pandev è uno da tirar di dadi: ci prendi o non ci prendi? Va aggiunto, l’Inter non ha più Mourinho in panca che non avrebbe risparmiato nulla del suo savoir faire fuori campo. Poteva servire. Il resto lo avrebbe fatto la squadra. E qui sta il limite dell’Inter che ha messo mesi per ritrovare un equilibrio, a prescindere da chi sta in panchina. Ora rischia di metterci nulla a perdere la Champions così voluta e sospirata per anni.

Fuori subito, sarebbe un colpo basso per Moratti. Comunque la si pensi, bene o male del soggetto, quella dell’anno passato è stata la Champions di Mou. Questa è, sarà, è stata, quella di Moratti: nel segno della continuità al di là dell’allenatore. Il Bayern insegna: ieri Van Gaal ha confermato che l’anno prossimo non sarà più il tecnico dei tedeschi. É stato freddo, cinico, deciso: «Me ne vado anche se vinco. Ci separiamo perchè abbiamo filosofie diverse. Meglio se vinciamo la Champions: avrei fatto bene il mio lavoro. Contenti il Bayern, io e i tifosi». In Italia sarebbe stato impossibile parlare, e pensare così, a stagione in corso. Mourinho e l’Inter fanno testo. Ecco perchè l’Inter non può mollare così.

Serve uno scatto di grandeur.

Commenti