Politica

«Le intercettazioni illegali saranno distrutte»

Previste sanzioni fino a un milione di euro per chi pubblica le telefonate. Proteste dalle associazioni dei giornalisti

Anna Maria Greco

da Roma

Tutti d’accordo. Il governo vara a tempo di record il decreto-legge per mandare al rogo i dossier delle intercettazioni illecite e l’opposizione s’impegna a convertirlo in legge in Parlamento altrettanto celermente.
Tutti contenti per aver impedito che «il marcio dilaghi», come dice Romano Prodi, dal palco della festa dell’Italia dei valori di Vasto, garantendo che ci sono stati contatti anche con i leader dell’opposizione per far fronte a una «impressionante» violazione del diritto. «Vogliamo che non parta quest’ondata di ricatti - aggiunge il premier - perché allora l’attentato alla democrazia sarebbe ancora più forte e ancora più grave».
Cinque articoli per bloccare un attacco alle «libertà e alle garanzie costituzionali», dice il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, e riportare «la serenità». Senza nessuna «interferenza con l’attività della magistratura». Il Csm è stato consultato. Le informazioni contenute in intercettazioni illegali non possono costituire prova nei processi ed è reato anche solo detenerle. Devono essere distrutte. Si introducono sanzioni per chi pubblica le intercettazioni illegali, telefoniche o telematiche, con multe da 20mila a un milione di euro. Le organizzazioni dei giornalisti protestano, per la stretta sull’informazione, ma la categoria è meno preoccupata di quella delle toghe.
Il decreto-tampone, approvato nel pomeriggio in una seduta supplementare del Consiglio dei ministri, entrerà in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, attesa per oggi. Nasce per contrastare i rischi enormi del «caso Telecom», con la sua rete clandestina di spionaggio che ha carpito i segreti di politici, imprenditori, giornalisti. Ma, si sente in dovere di precisare il Guardasigilli, «vengono garantiti tutti i cittadini, non c’è solo la tutela dei cosidetti vip». Ci mancherebbe.
Non cambia nulla per le intercettazioni legali, per il dilagare delle autorizzazioni di ascolto delle conversazioni, per evitare la divulgazione anche di tanto materiale che non ha nulla di rilevante penalmente ma nutre periodicamente il mercato del gossip giudiziario tanto succulento per i mass media. Il capitolo grosso delle intercettazioni da parte delle Procure rimane tutto da affrontare, né ci sono impegni precisi in questo senso.
Il decreto-legge vuole impedire l’utilizzazione delle intercettazioni illegali e punire i responsabili. Il primo articolo stabilisce che «l’autorità giudiziaria dispone l’immediata distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni, relativo al traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti». Idem per i documenti formati raccogliendo illegalmente informazioni. È vietato pure farne copia, ma soprattutto, stabilisce la norma, «il loro contenuto non costituisce in alcun modo notizia di reato, né può essere utilizzato a fini processuali o investigativi». Delle operazioni di distruzione è redatto un apposito verbale e deve sempre esserne consentita la lettura (articolo 2).
Il decreto punisce anche la semplice detenzione delle intercettazioni illegali con la reclusione da 6 mesi a 4 anni; pena che aumenta da 1 a 5 anni se il responsabile è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio.
L’articolo 4 stabilisce le sanzioni pecuniarie per i giornalisti: a titolo di riparazione ogni interessato può chiedere all’autore della divulgazione degli atti, al direttore o vice direttore responsabile e all’editore in solido tra loro «una somma di denaro determinata in ragione di 50 centesimi per ogni copia stampata, ovvero da 50mila a un milione di euro, secondo l’entità del bacino di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo radiofonico, televisivo o telematico». In ogni caso «l’entità della riparazione non può essere inferiore a 20mila euro».

L’azione di risarcimento «va proposta entro un anno dalla divulgazione», tranne che la vittima della intercettazione illegale «non dimostri di averne avuta conoscenza successivamente».

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