Politica

Intercettazioni, l’inchiesta sui giudici spacca l’Unione

da Roma

Riparte in Senato la discussione sulla legge Mastella sulle intercettazioni mentre si registrano due novità. La prima viene dall’Unione Europea, la seconda dalla vicina aula di Montecitorio. Con una recente sentenza la Corte Europea infatti condanna la Francia per aver violato l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che parla di libertà di stampa e di informazione. Per la Ue insomma la legge francese sulle intercettazioni, che è molto simile a quella che vorrebbe Mastella, viola i diritti dell’uomo. «La sentenza della Corte Europea non può non essere tenuta in considerazione anche dal nostro Parlamento» sottolinea Cesare Salvi, presidente della commissione Giustizia al Senato, che da oggi riapre l’iter dell’esame del ddl.
Alla Camera intanto spunta, e crea subito polemiche, l’ipotesi di una commissione d’inchiesta che verifichi se ci sia stato da parte della magistratura «un uso abnorme e ingiustificato delle intercettazioni quale mezzo di prova». La proposta è stata presentata da Paola Balducci dei Verdi d’intesa con la Rosa nel Pugno. Condivide la proposta anche Gaetano Pecorella di Forza Italia, presidente della commissione giustizia nella passata legislatura. Per i presentatori del provvedimento la commissione dovrebbe avere il compito di riscontrare numero e quantità delle intercettazioni, il costo per la Pubblica Amministrazione, quante indiscrezioni siano trapelate e in che modo la rilevazione delle chiamate sia stata condotta dalle società private. «Noi non voteremo mai questa parte del provvedimento» è la reazione dell’Italia dei Valori. Per il partito di Antonio Di Pietro è da respingere perché «non deve esserci alcuna interferenza da parte del potere politico sull’operato dei magistrati». La proposta dei Verdi e della Rnp spacca quindi la maggioranza e in ogni partito c’è chi dissente. «L’idea di dar vita ad una commissione d’indagine monocamerale sul fenomeno delle intercettazioni - dichiara il deputato della Margherita Lanfranco Tenaglia - mi lascia piuttosto perplesso. Anche perché molti dei dati che si propongono di ottenere dall’indagine sono già noti e a disposizione del ministero». Contrario all’idea di indagare sull’operato delle toghe anche Alessandro Maran, capogruppo per i Ds in commissione Giustizia. I no alla proposta sono stati in parte già accolti dalla Balducci che ha sottolineato come si tratti di un testo base da modificare. E in effetti, dopo una accesa riunione in comitato ristretto, è stato raggiunto un primo accordo: sì alla commissione, ma che sia d’indagine e non di inchiesta, e che sia monocamerale. L’accordo è stato trovato quindi sulla prima parte del testo Balducci, che prevede la costituzione di una commissione parlamentare «sul pericolo dell’alterazione delle regole della convivenza democratica in relazione ai fenomeni lesivi della sfera della riservatezza dei cittadini». Un passaggio che certamente creerà ampio dibattito è quello che stabilisce il compito della commissione «di accertare se negli ultimi dieci anni soggetti privati abbiano legittimamente eseguito o utilizzato intercettazioni o altri strumenti suscettibili di alterare la democrazia parlamentare per favorire interessi particolari, politici o economici». La stessa relatrice ribadisce che «non si prevede alcuna verifica del lavoro dei magistrati, perché nessuno ha intenzione di interferire o addirittura censurare l’operato dell’ordine giudiziario». Riparte quindi l’iter legislativo sulle intercettazioni e il dibattito politico torna a coinvolgere politici e giornalisti.

Oggi pomeriggio un convegno bipartisan con la partecipazione tra gli altri di Manzione dell’Ulivo, Sandro Bondi di Forza Italia, e Paolo Guzzanti che annuncia un suo polemico intervento «su due pesi e due misure, uno per D’Alema e un altro per Guzzanti».

Commenti