RomaI «franchi tiratori» sul disegno di legge per le intercettazioni ci sono stati, nel segreto dellurna. Ma erano dellopposizione: in 19 alla Camera hanno votato sì. È fine pomeriggio e nella sala del governo a Montecitorio Silvio Berlusconi si rallegra, studiando i tabulati con Fabrizio Cicchitto e Italo Bocchino, capogruppo e vice del Pdl. Non cè dubbio, la maggioranza si è ingrossata grazie a un drappello del centrosinistra cui la nuova legge piace. Il via libera è arrivato con 318 favorevoli, 224 contrari e un solo astenuto (il deputato Svp Karl Zeller) e in aula cerano 299 deputati del centrodestra e 243 dellopposizione. Pensare che il voto segreto laveva chiesto il Pd, sperando in qualche falla nel Pdl.
Eppure le proteste dellopposizione ci sono state. E durissime, scatenando la bagarre nellassemblea, con insulti incrociati e sospensione della seduta. LItalia dei valori ha tirato fuori cartelli listati a lutto: «Oggi è morta la libertà di informazione uccisa dallarroganza del potere», cera scritto. E anche: «Pdl: protegge delinquenti e ladri», «Vergogna». Dai banchi del centrodestra ha risposto una selva di «Buffoni! buffoni!». I commessi sono intervenuti per sequestrare i manifesti, mentre la seduta è stata sospesa. «Servo di Di Pietro, testa vuota», ha urlato durante il suo intervento il leghista Luciano Dussin, contro il capogruppo Idv Massimo Donadi. LIdv ha chiesto lintervento del presidente, ma per Gianfranco Fini non era giustificato un richiamo al deputato del Carroccio.
Di Pietro intanto si appella alla piazza, perché «si è consumato lo scempio più efferato nella storia della Repubblica». Spera che Giorgio Napolitano «si indigni», ma il Quirinale tace.
Alla Camera cè il pienone. Il premier dopo il voto parla con i suoi ministri, saluta Umberto Bossi. Il leader della Lega poi commenta: «Berlusconi ha avuto fiuto, ha capito che la gente era stanca di essere intercettata, e ha avuto buon gioco».
Attaccano pesantemente il provvedimento anche Udc e Pd. Per Paolo Gentiloni, la maggioranza mette a rischio molte indagini e la libertà di stampa solo per proteggere la «privacy» di chi vive nelle «stanze del potere» e in «qualche villa».
Cicchitto il giorno prima si è andato a ricercare le dichiarazioni degli esponenti del centrosinistra quando due anni fa furono pubblicate le intercettazioni di Fassino, DAlema, La Torre e Consorte sul caso Unipol. «Ci facciamo carico di preoccupazioni anche vostre - dice in aula - che non avete avuto il coraggio di tradurre in legge. Fassino allora sottolineò la necessità di una normativa più adeguata. Lo stesso fece Giuliano Amato, come ministro dellInterno, parlando di una follia tutta italiana: che qualunque cosa detta al telefono, se tocca incidentalmente un processo, esce». Fuori dal Palazzo si alzano le proteste di magistrati, editori e giornalisti.
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