Berlusconi benedice il nuovo Senato con riserva sugli ultimi dettagli. L'investitura a trattare a oltranza per risolvere il rebus è arrivata giorni fa. E Denis Verdini e Paolo Romani stanno chiudendo l'accordo con Renzi e il ministro Maria Elena Boschi. Si vogliono blindare anche le virgole. L'accordo di massima c'è ma, come ripete un big azzurro «bisogna stare attenti perché il diavolo si nasconde nei dettagli». In ogni caso la quadratura del cerchio è a un passo perché Renzi è venuto incontro al Cavaliere su molti punti.
Competenze: il nuovo Senato può dire la sua soltanto sulla legislazione regionale e su quella europea; eleggerà assieme alla Camera il presidente della Repubblica, il Csm e i giudici costituzionali; avrà voce in capitolo sulla legge elettorale e sulle riforme costituzionali; non darà né revocherà la fiducia al governo. Composizione: i nuovi senatori saranno cento (e non 143 come recitava il testo base a firma Boschi); cinque a vita, nominati dal capo dello Stato; 21 saranno i sindaci e gli altri saranno indicati dai consigli regionali. Nella partita c'è anche la Lega che strappa qualche competenza in più per le Regioni (turismo e beni culturali) per quanto riguarda la riforma del titolo V. Il Cavaliere cede quindi sull'elettività dei componenti ma vince sulla composizione: avranno più potere le Regioni e meno i sindaci (nel testo base si parlava di una quota di 50/50).
Restano ancora dei nodi da sciogliere, però; come il rispetto del principio di proporzionalità alla popolazione e alle forze politiche dei consiglieri regionali che comporranno il Senato. Tecnicismi che però hanno una valenza politica. Altro scoglio sarebbe sull'articolo 117 della Costituzione che definisce le competenze tra Stato e Regioni. Ma il dato politico è che l'asse sembra reggere.
Che l'accordo fosse in dirittura d'arrivo lo si era capito da giorni. E ieri Paolo Romani dispensava ottimismo: «Gli emendamenti verranno depositati in commissione fra oggi e domani. Abbiamo potuto apprezzare significativi passi avanti rispetto al testo base che vanno nel senso delle proposte da noi avanzate soprattutto in tema di rispetto e rappresentatività delle indicazioni elettorali dei cittadini». Poi aggiungeva: «Resta ancora da fare. A fronte di pur positive modifiche rispetto alle proposte iniziali, rimarrà necessario per Forza Italia fare gli opportuni approfondimenti e le necessarie valutazioni».
Insomma, si aspetta di leggere bene gli emendamenti che stanno per essere scritti dal governo e poi valutare quali altre limature fare tramite dei sub-emendamenti. Il via libera ufficiale tarda ad arrivare. Perché? Qualcuno pensa che si preferisca attendere il momento mediaticamente propizio. Questi giorni, infatti, per Berlusconi sono momenti caldi dal punto di vista giudiziario: oggi si apre a Milano il processo d'Appello per il caso Ruby e il Cavaliere ha la testa lì. Ma più che gli esiti processuali l'ex premier teme una nuova ondata mediatica tesa a distruggere la sua immagine rievocando le serate di Arcore.
Escluso, invece, che la mancata fumata bianca sia dovuta all'altro tema caldo: la legge elettorale. L'Italicum s'è impantanato a Palazzo Madama ma si nega che la legge elettorale sia stata ieri oggetto di discussione. L'argomento non è separato dal finale via libera alle riforme e i piccoli, Ncd in testa, già affilano le armi per modificare alcuni punti.
Le soglie, per esempio: sia quelle per accedere al ballottaggio fissata al 38%; ma soprattutto quella di sbarramento, ora fissata al 4,5%. Gli alfaniani vorrebbero abbassarla. E anche in questo caso si cerca l'intesa Cav-Renzi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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