Rubrica Cucù

L'uomo che svegliò il Sud dal torpore

Mennea diventò la metafora del Sud che vuol colmare con uno scatto e un colpo di reni il divario col resto d'Europa

Pietro Mennea non era simpatico. Era spigoloso come il suo volto e ancor più spigoloso diventava nello scatto finale, quando sembrava che anche gli zigomi, il mento prominente, con la scucchia alla Totò, e gli occhi fuori dalle orbite partecipassero allo sforzo di superare i limiti del corpo e dello spazio per tagliare il nastro. Quando correva diventava un arco di nervi teso a scagliare la freccia oltre il traguardo. E «Freccia del sud» fu battezzato quel ragazzo di Barletta che riuscì a bruciare fior di velocisti da mosca bianca in una selva nera di gazzelle. Il suo mito aveva battuto in velocità il suo medagliere, la sua fama era corsa più veloce dei titoli olimpionici che non furono poi così generosi con lui. Ma Mennea diventò la metafora del Sud che vuol colmare con uno scatto e un colpo di reni il divario col resto d'Europa.

La sua faccia tesa riassumeva lo sforzo di volontà, la concentrazione dopo la fatica, l'orgoglio del meridione e pure la smentita simbolica che la lentezza e l'inerzia fossero la condanna fatale del Sud. Piè Veloce e la Tartaruga. Molte fabbriche di scarpe sorsero nella sua città natale, quasi a esprimere la voglia di seguire Mennea nella corsa del riscatto. Poi quell'economia si è fermata e si è fermato il Sud che è diventato l'avamposto del declino italiano.

Ma Mennea fu il pre-cursore dell'exploit pugliese degli anni seguenti. Ora Mennea ha bruciato sul tempo la sua generazione e dopo una rapida malattia, da scattista, ha tagliato il traguardo della vita.

La vita è volata, resta nel mito la velocità.

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