Politica

Se ogni violenza è "fascista" per definizione

Il movimento dei Forconi non è legato alle organizzazioni sindacali e per questo viene insultato. Ma le ragioni di chi protesta vanno prese sul serio

D opo i manganelli fascisti - che sono esistiti davvero, eccome – ci mancavano i forconi fascisti, che per fortuna non esistono. O meglio, ci sarà tra i «forconi» qualcuno con nostalgie o aspirazioni mussoliniane: ma non abbastanza per bollare tutto un movimento, bene o male che se ne pensi, come «fascista».

Decenni fa andava tanto di moda insultare qualcuno con quell'epiteto. In politica, poi, era un diluvio di fascisti: c'è un vecchio film dove Peppone, arrivato in Parlamento, si appisola sugli scranni; svegliandosi di colpo, per far vedere che era vigile, sicuro di non sbagliare si mette a inveire contro i democristiani: «Fascisti! Dove eravate mentre noi difendevamo la patria?». Fascisti erano pure gli iscritti del Pci, secondo i movimenti extraparlamentari di sinistra, e così via. Ma anche nella vita quotidiana bastava non fermarsi a un giallo per beccarsi un «Fascista!». Poi l'abitudine si è diluita, forse per noia e logoramento, e di recente la parola è quasi tornata del tutto nel suo giusto ambito, quello politico: dove, a parere della Cassazione, la si può usare tranquillamente; una sentenza recente stabilisce che è lecito usare la parola «fascista» se si esprime un'opinione politica su qualcuno: si può dire «secondo me il premier è un fascista», ma non si può affibbiare la stessa definizione a un vicino, durante una lite condominiale.

In realtà fascismo e fascista sono termini che, a lume di storia e di buonsenso, hanno significati complessi: personalmente ho dovuto scrivere una dozzina di libri (e leggerne molti di più) per capire quel periodo storico, i suoi uomini e i suoi aspetti variegati. Ma, giurisprudenza e specializzazioni storiografiche a parte, la parola fascista oggi dovrebbe servire soltanto a indicare qualcuno di estrema destra che non ama la libertà e la democrazia e che usa metodi violenti per combatterle. Non sembra il caso dei «Forconi», nel complesso, tranne poche eccezioni e contrariamente a quanto sostengono alcune voci che si alzano dalla politica. I cosiddetti forconi sono padroncini, artigiani, detentori di partita Iva che hanno disagi certi e rivendicazioni più o meno condivisibili. Usano un metodo di lotta odioso e deprecabile per cui, più che un insulto che inizia con «fa» e finisce con «ti», propenderei per uno che comincia con «st» e finisce con «zi».

In definitiva si tende a bollare come fascista un movimento che agisce al di fuori di organizzazioni sindacali sacralizzate dal numero degli iscritti. E neanche questo è un fenomeno nuovo, erano «fascisti» anche quei poveri cristi (la rima è voluta) che volevano lavorare durante gli scioperi, per una scelta politica o di bilancio familiare.

Non è un caso, io credo che ieri a Torino e a Genova, carabinieri e poliziotti si siano tolti il casco e, alcuni, abbiano abbracciato i «Forconi» non aggressivi. Non vi ricorda Pasolini, e l'invettiva contro gli studenti più agiati e borghesi dei poliziotti di Valle Giulia? C'è stata, fra quei rappresentanti delle forze dell'ordine, una solidarietà non di classe, ma di genere: di lavoratori che fanno fatica a sbarcare il lunario. Ma siccome ogni rovesciamento di prospettiva è possibile, qualche giornale oggi ricorderà senz'altro che è accaduto proprio come nel '22, quando l'esercito, invece di contrastarli, favoriva gli squadristi. La storia si ripete come un film, è vero, con la differenza è che ognuno si sceglie la trama che vuole, chiacchierando chiacchierando.

Meglio sarebbe, come sempre, cercare prima di tutto di capire le ragioni della nascita di un movimento di protesta, prima di giudicarlo per i metodi: stigmatizzare i metodi con un marchio d'infamia è un modo per non prendere atto dei problemi e non volerli risolvere. Lo usavano anche i fascisti, quelli veri: bollavano di «antipatriottici» - l'insulto più grave dell'epoca loro - i contadini e gli operai che scendevano in piazza perché oppressi da salari e condizioni di lavoro infami.

@GBGuerri

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