Assassino per amore Se il dolore del partner diventa insopportabile

Ex gioielliere uccide la moglie in clinica e si suicida. La donna era condannata a rimanere invalida

Assassino per amore Se il dolore del partner diventa insopportabile

Portava alla moglie ogni giorno fiori e caffè nella clinica «Emilio Bernardelli», dove la donna era ricoverata per un'ischemia cerebrale, a Paderno Dugnano. Ma Anna Pirotta, compagna di una vita, non era più la stessa. E suo marito,l'ex gioielliere Giancarlo Bocciarelli, non ha retto al peso dealla paura di perderla dopo 50 anni di matrimonio.Così è entrato nella stanza della moglie, le ha sparato al cuore con una «38 special» e poi si è ucciso con un colpo alla tempia. Bocciarelli era in pensione da 12 anni, ma deteneva regolarmente la pistola con cui ieri ha sparato. I due lasciano un figlio di 42 anni e una figlia di 40. «La paziente non era in pericolo di vita. Si stava riabilitando, era cosciente e vigile» ha detto il direttore sanitario.


Il 22 dicembre mia madre, che ha 94 anni, è caduta e si è rotta un femore. Quan­do ho sentito la notizia al tele­fono ero lontano, e sono sbiancato: informazioni anti­che mi dicevano che, in que­sti casi, i vecchi muoiono do­po poco. Non è più così,l’ope­razione è andata bene, e devo ringraziare la straordinaria squadra ortopedica dell’ospe­dale di Siena. Ma, quando sono arrivato al letto di mamma Gina, lo strazio è stato peggiore della preoccupazione.

Ormai mamma pesa poco più di qua­ranta chili, è quasi cieca e qua­si sorda, solo di tanto in tanto i pochi neuroni che vagano nel suo cervello le permettono di riconoscermi, poi si dimenti­ca subito. Le restano gli istinti primari, ma in questi giorni il suo unico istinto primario ­quello di un animale ingab­biato- era alzarsi e andare via. Non c’era modo di convin­cerla. «’Ndiamo via, ’ndiamo via,voglio anda’ a casa»,dice­va in modo pigolante e orren­do, privata della dentiera, e sempre faceva forza sulle braccia, addirittura sulle gam­be, per alzarsi e scavalcare la recinzione del letto. Non si poteva dar­le troppi sedativi, si sarebbe indebolita, e per ore e ore, ogni giorno, ho lottato con lei: se no gli infermieri avrebbero dovuto legarla. Ha ancora nel­le mani una straordinaria for­za di contadina, e dovevo te­nergliele forte, bloccarla, mentre avrei voluto soltanto accarezzarle i capelli e il viso. Pensavo che non era giusto che fosse proprio quella l’ulti­ma cosa che facevo per lei. E pensavo, mentre le iniettava­no qualcosa contro il dolore, che se avessi potuto avrei dato il permesso per un’iniezione più forte, finale, pove­ra donna, povera mammina mia.

L’avrei fatto, sì che l’avrei fatto, come grande gesto d’amo­re, perché ora che ho dei figli anch’io so be­ne quanto mi ha pro­tetto, e quanto ha volu­to che non soffrissi mai.
Ti rassicuro, letto­re: Gina adesso sta «bene». Il 31 dicem­bre è stata dimessa, e a mezzanotte ho stap­pato vicino a lei, in suo onore e a mio con­forto, una bottiglia di rosso. Tornerà a cam­minare, più o meno, e mangia di gusto quei brodini, quei purè, quelle mele cotte che ormai sono l’unica gioia della sua esisten­za. La terranno in vita per quello, mangiare per vive­re e vivere per mangiare, in una desolazione senza fine, fi­no
alla prossima crisi.

Lo sconforto vero però mi è venuto solo oggi, leggendo di quei due poveretti, a Paderno Dugnano. Lui, 76 anni, ha uc­ciso la moglie di 79, ricoverata da due mesi dopo essere stata colpita da un’ischemia cere­brale. Sarebbe rimasta para­lizzata, e lui le ha sparato al cuore, due volte, poi l’ha ac­compagnata puntandosi la pi­stola alla tempia. Un puro atto d’amore, anche se resta sem­pre il dubbio, in questi casi, che il suicidio non sia solo una condivisione della morte, ma anche l’unico modo possibile per non passare il resto della poca vita in un incubo di pro­cessi e condanne.

Barbaro è quello Stato che non permette ai suoi cittadini di morire, quando non ha più senso vivere. E non mi si dica che si tratta di una questione etica: io mi tengo la mia etica, chi vuole si tenga quella per cui la-vita-è-sacra, come io mi tengo la libertà di divorzia­re e chi vuole quella di non di­vorziare. L’etica di Stato è fa­scista - davvero fascista - o voi che usate tanto volentieri, e a sproposito, quella parola. Vor­rei che, in uno Stato non bar­baro, qualcuno si occupasse anche di questo, nel totale qualunquismo delle emergen­ze che ci circonda. È importan­te la legge elettorale, Renzi, è importante il 3 per cento, Let­ta, è importante la spending re­view , Grillo, è importante la ri­forma della giustizia, Berlu­sconi. Ma non è accettabile che nessuno si occupi più, per queste urgenti miserie, dei grandi temi etici. Non la sini­stra, troppo impegnata a capi­re dove va, non la destra, che ha ridotto la difesa dell’indivi­duo- sua missione- a una dife­sa dell’individuo economico, e per questo mi offende fino al disgusto, da anni ormai.

Berlusconi, Grillo, Letta e Renzi vadano al funerale di quei due disgraziati di Pader­no Dugnano, Anna Pirotta e Giancarlo Bocciarelli, poi ri­prendano le loro

discussioni. Chi sa che non cambino l’ordi­ne di quei «valori» con i quali si riempiono la bocca.

@GBGuerri

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