L'auto, ormai, non è più una mucca da mungere. Di latte, per la verità, ne ha ancora ma, alla luce del crollo verticale delle vendite in Italia, quello che viene fornito non sazia più le esose casse dell'Erario. È arrivato, insomma, l'effetto boomerang per lo Stato. E la situazione si aggrava sempre di più.
Facciamo chiarezza sulle conseguenze della crisi: il venir meno della propensione all'acquisto (mancano i soldi; le banche faticano a erogare finanziamenti; c'è la chiara difficoltà, soprattutto tra i giovani, a sostenere i costi di gestione), anche per la continua demonizzazione nei confronti del settore, si riflette sul calo dei consumi dei carburanti (che tanto per cambiare hanno visto i prezzi impennarsi in concomitanza con l'estate), sull'allarmante tendenza a risparmiare sulla polizza Rc (le compagnie assicurative hanno le loro responsabilità visto che in Italia si paga la Rc più cara d'Europa) e sulla diminuzione del traffico autostradale e, quindi, degli incassi ai caselli.
Insomma, chi finora ha «munto» a dovere l'automobile, trascurando i primi segnali di crisi e lasciando che il settore entrasse in coma, a questo punto dovrà rassegnarsi. Un esempio per tutti: in un anno, informa il Centro studi Promotor, la spesa degli italiani per gli autoveicoli è diminuita del 6,37%, da 198,1 a 185,4 miliardi di euro tra il il 2011 e il 2012. È facile intuire che l'analisi riferita al 2013 sarà peggiore.
Europa a picco
L'Acea, l'associazione europea dei costruttori, ieri ha diffuso l'ennesimo bollettino negativo: al giro di boa dell'anno, l'auto archivia un -6,7% di immatricolazioni e nel solo mese di giugno la perdita è del 6,3% (mai così male dal 1996).
Complessivamente, in 5 anni e mezzo si sono volatilizzate 4 milioni di vetture. Tutta l'Eurozona è in sofferenza (Italia -10,6% nei primi 6 mesi e -5,5% le vendite in giugno) e a segnare il passo sono anche la Francia (-11,2% da gennaio a giugno) e la Germania (-8,1% nel semestre).
Fuori dall'area euro spicca il +10% del Regno Unito, grazie però a una politica commerciale particolarmente aggressiva.
Impatto choc
Il progressivo e rapido calo delle immatricolazioni in Italia sta costando caro sia in termini di introiti per lo Stato sia per l'emorragia dei posti di lavoro. Alla fine del 2013 le vendite dovrebbero attestarsi su 1,3 milioni di unità (solo nel primo trimestre, il periodo peggiore, le stime davano un mercato di 1,15 milioni di automobili). Rispetto alla media degli ultimi 10 anni (2,1 milioni di immatricolazioni), il mancato gettito di Iva per il Fisco, al 2012, ammontava a 2,3 miliardi. Questa cifra è destinata diventare più consistente, nel 2013, di altri 325 milioni (in 6 mesi sono già 270 i milioni di Iva persi per il crollo delle vendite). Si tratta di una tegola non indifferente, visti i problemi di reperimento fondi che assillano il governo allo scopo di evitare il nuovo ritocco verso l'alto dell'Iva e sciogliere il nodo Imu. Tutta la filiera dell'automotive (1,2 milioni di occupati), infatti, vale circa 67,8 miliardi di contributo erariale, cioè il 16,6% delle entrate fiscali del Paese.
Emorragia di occupati
A questi dati negativi bisogna aggiungere gli oltre 10mila posti di lavoro (il doppio degli occupati all'Ilva) persi nel 2012 nelle concessionarie, in particolare in quelle specializzate nella vendita di vetture di lusso, segmento preso di mira dal Fisco (superbollo) e, più di altri, oggetto di demonizzazione.
Soffre il gruppo Fiat
Il dato europeo diffuso ieri fotografa le difficoltà che il gruppo Fiat attraversa nel Vecchio continente: -10,3% nel semestre e -13,6% il mese scorso. La quota di mercato del Lingotto è scesa sotto il livello psicologico del 6% al 5,9%.
Carburanti alle stelle
Intanto, nonostante tutti questi dati negativi e il calo costante dei consumi petroliferi (-9,1% in giugno), i prezzi dei carburanti salgono, singolarmente in coincidenza con il periodo delle partenze, in verità piuttosto ridotte quest'anno, per le ferie.
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