Sino a qualche giorno fa Mario Monti sull’Imu era stato categorico. Centellinando le sillabe, per dar maggior solennità al suo dire, aveva affermato che era stato un errore abolire l’Ici sulla prima casa, che ciò era stato fra le cause della nostra crisi finanziaria e che si era reso necessario ripristinarla per risanare il bilancio. E aveva concluso che la sola alternativa era una imposta patrimoniale.
È passato poco tempo e ora il premier su questo tema, si è trasformato in Ponzio Pilato. Tramite il sottosegretario all’economia Vieri Ceriani scarica il barile sui comuni e dichiara che i sindaci, dall’anno prossimo, se lo desiderano, potranno abolire l’Imu sulla prima casa, addebitandosene l’onere. Dunque, non è vero che la tassazione patrimoniale della prima casa è inevitabile per l’equilibrio del bilancio. Non è vero che Berlusconi aveva fatto un atto sconsiderato, dato i sindaci possono seguirne l’esempio. Per altro Berlusconi aveva reperito i mezzi per indennizzare i comuni del mancato gettito, provvedendo alla copertura, a saldo di bilancio invariato. Invece ora toccherebbe ai sindaci trovarla. E, a quanto appare, non è neppure vero che il solo modo di evitare l’Imu sulla prima casa sia un’imposta patrimoniale.
Come mai questo rapido capovolgimento di fronte? Offro due spiegazioni. La prima è che il governo tecnico non è molto tecnico. E pertanto dovendo reperire 22 miliardi (1,4 punti di Pil) per il bilancio del 2012, con il decreto Salva Italia, ha scelto la strada più facile, la lectio facilior: quella di aumentare imposte di 18 miliardi, e ridurre le spese solo di 3. E anche nelle imposte ha scelto la lectio facilior, cioè la soluzione semplice, anzi semplicistica, quella di prendere 11 miliardi sulla casa, di cui 4,4 ripristinando l’imposta sulla prima casa che in passato aveva dato 3,5 miliardi e che quindi con un «ritocco» poteva renderne facilmente uno in più, vale a dire 4,5. Dopo avere fatto rivivere un tributo defunto chiamandolo Imu prima casa invece che Ici prima casa, per celare il giochetto, gli bastavano «solo» 6,5 miliardi per arrivare agli 11: e per arrivarci i tecnici hanno aumentato del 70% la restante materia tassabile dell’Imu, rincarando di più il fardello sulle abitazioni e i negozi e di meno gli edifici delle banche, delle assicurazioni et similia.
Si fa peccato a pensare che ai banchieri non piace tassare le banche? C’è anche una seconda spiegazione del perché il governo Monti abbia voluto tassare il patrimonio edilizio e colpire la proprietà delle abitazioni, prime case e anche (moltissimo) seconde case. Secondo autorevoli ambienti finanziari le famiglie italiane sbagliano a investire negli immobili. Dovrebbero investire in azioni, obbligazioni, fondi di investimento che sono «mobili». E quindi il risparmio immobiliare delle famiglie va penalizzato, onde scoraggiarlo. Un esempio recente è la «copertura» della spese della legge Fornero che aumenta le indennità di disoccupazione, attuata la scorsa settimana riducendo dal 15% al 5% la detrazione a forfait per spese per gli immobili che i privati affittano senza ricorrere alla cedolare secca. Si tratta dei privati con reddito modesto che affittano abitazioni, che non trovano conveniente la cedolare secca, perché più onerosa, e dei privati che affidano immobili diversi dalle abitazioni che non fruiscono di cedolare secca. L’aumento di imposta è del 10%. Il pensionato da mille euro che arrotonda con l’affitto di un appartamentino ci paga il 10% di più.
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