Roma - Subbuglio nel Pdl. Il partito cerca di mettere una pezza nella falla della nave ma l’emorragia di consensi sembra non arrestarsi. A complicare le cose c’è il fatto che manca un timoniere forte. O meglio: ce n’è uno di troppo. Alfano e Berlusconi non sembrano remare nella stessa direzione e la ciurma si riorganizza. Il primo crede nel ricambio generazionale; nelle primarie aperte e vere; nella strategia dell’inclusione, cercando alleanze tra tutti i moderati; nella rigenerazione del Pdl. Il secondo sembra essersi stufato della sua creatura; pensa di sparigliare le carte; di aprirsi alla società civile; di mettere in campo volti nuovi e non politici. L’idea delle liste civiche si aggiunge ogni giorno di un particolare in più: dopo quella «animalista» guidata dalla Brambilla, quella «rivoluzionaria» di Sgarbi, quella «destrorsa» e radicale di Santanchè, quella «under 45» guidata da un giovane, quella «protezioncivilistica» di Bertolaso, spunta pure quella «sportiva» da far guidare a un volto noto e di successo del mondo agonistico. Magari un calciatore. Insomma, Berlusconi è persuaso che il successo di Grillo sia il parlare la lingua dell’anti-politica politicante. Sparigliare, quindi. Aprirsi. Da qui la proposta della Santanchè: «Il 50% delle liste elettorali del Pdl sia riservato a persone della società civile», aveva detto.
Reazioni? Zero. Nell’esercito di parlamentari infatti c’è paura di perdere i pochi posti a disposizione per una ricandidatura. Molti si stringono attorno ad Alfano e arrivano a chiedergli un’emancipazione dal Cavaliere che ancora non vedono. Alfano media, ascolta, smussa e attende. Non è chiaro, per esempio, cosa voglia fare Berlusconi. È tentato di scendere in campo un’altra volta? E qui il partito sembra dividersi tra chi riconosce che «i voti continua ad averli Berlusconi e quindi sarebbe un bene» e chi sostiene che «a questo punto il Cavaliere dovrebbe lasciare nuotare il suo delfino in mare aperto e non fare il padre padrone che ingoia il proprio figlio». Non solo: pare che la settimana scorsa Alfano abbia incontrato molti pidiellini legati al territorio. Parlamentari, consiglieri comunali, regionali, ras di partito. Gente che ha consensi e sposta pacchi di voti. Alcuni gli hanno detto: siamo con te se dimostri di avere in mano il manico del partito. Altrimenti... Dietro quell’«altrimenti» c’è il terrore di uscire dal giro, di vedersi superati da volti «acchiappavoti», da outsider della politica, da «listicivilisti» che di fatto smembrerebbero un partito già in decomposizione.
Perché ormai ognuno gioca per la propria sopravvivenza e ricompaiono le vecchie correnti. Soprattutto in casa ex An. La Russa, per esempio, convinto che sia il Cavaliere a gradire un gruppo di ex An, lancia l’ex ministro Giorgia Meloni. È lei la faccia pulita, giovane, capace, di destra, che potrebbe guidare una «lista nera»: una sorta di rifondazione missina che torni a fare politica sul territorio alla vecchia maniera. Sudore, megafoni, banchetti, volantini e via andare. Quanto varrebbe? Per ora dal 6 all’8% ma in questa fase i risultati sono come le azioni in borsa: tutti sottostimati.
Ma c’è un ma.
Gli ex An non esistono ormai da un pezzo e il vecchio correntismo della fiamma torna a riardere impetuoso. Con la Meloni non starebbero Matteoli e i matteoliani, molto più pro Cav dell’ex ministro della Gioventù. E un pensiero lo sta facendo pure Alemanno che, proprio ieri, ha radunato i suoi in un ristorante di Roma.