Ieri non un pericoloso estremista, ma il pacato ministro Corrado Passera riguardo alla prossima chiusura degli altiforni dell'Ilva ha detto: «Non sempre capisco l'attitudine di una parte della magistratura». E ha continuato mettendo in evidenza i costi «enormi» che comporterebbe la chiusura degli impianti.
Poco prima il presidente della Repubblica, e numero uno del Csm, ha con fermezza ribadito la sua posizione riguardo al conflitto di attribuzioni sollevato nei confronti dei pm palermitani, sulla vicenda delle intercettazioni telefoniche. Denunciando l'«insinuazione di sospetti» contro l'istituzione che rappresenta.
Continuiamo il nostro elenco con altri due casi meno clamorosi, ma certamente significativi.
L'assessore della giunta Formigoni arrestato nei giorni scorsi per un presunto voto di scambio con la 'ndrangheta, era stato messo nel mirino da un anno. Solo che la richiesta per la sua carcerazione datata 8 novembre del 2011 era finita nelle mani di un Gip pasticcione (poi estromesso) che non aveva saputo dar corso alla pratica. Un anno per arrestare un presunto mafioso, mantenendolo così nel suo alto incarico istituzionale è un piccolo record degli orrori.
Sempre la settimana scorsa è stato commissariato il Comune di Reggio Calabria, uno strappo alla democrazia giustificato evidentemente da serie ipotesi di infiltrazioni malavitose. Eppure la Procura della medesima città è in attesa del suo capo da sette mesi. Il Csm starebbe valutando le domande fatte dai vari concorrenti. Lo Stato con un braccio mena il bastone e con l'altro accarezza la burocrazia.
Cosa lega queste storie così diverse? Negli ultimi anni forse per l'eccessiva politicizzazione che si è attribuita alla questione della giustizia, si è sottovalutata la più banale analisi del suo funzionamento burocratico. È del tutto evidente che nonostante la presenza di ottimi magistrati in servizio, il loro lavoro possa trovarsi clamorosamente compromesso dal pessimo stato della macchina in cui viaggiano.
La riforma della macchina giudiziaria (e di quella carceraria sulla quale lodevolmente e isolati solo i radicali battagliano da anni) è il nodo centrale da affrontare. La politica dovrebbe ingoiare alcune sue pulsioni rivendicative e i magistrati il totem della loro intoccabilità.
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