nostro inviato a Orvieto
«Siamo giovani, ma non siamo né fessi né dilettanti». Dopo la polemica sul «quid» della scorsa settimana, sono ormai tre giorni consecutivi che Angelino Alfano sembra aver rotto gli indugi e preferire toni decisi e niente affatto democristiani per provare a tracciare lidentità di un Pdl che tra il faticoso sostegno a Mario Monti e un Cavaliere che da qualche settimana a questa parte pare essere un pizzico più distante è ancora «in cerca dautore».
Tre giorni ad affondare colpi. Per delineare il profilo di un partito che, dice Alfano da Orvieto, «è al centro della scena» e «non sta allangolo a rosolare a fuoco lento». Un modo per far capire a Pier Ferdinando Casini che unintesa è sì possibile ma non certo indispensabile. Che ci sono conti che si possono pagare, altri che vanno invece rispediti alloste. Che andata in crisi lalleanza con una Lega molto presa dalle questioni interne più che concentrata su una visione strategica del futuro, il Pdl è sì pronto a discutere unintesa con lUdc ma non certo disponibile a farsi ammazzare da un Casini che non sembra pensare ad altro.
Un scontro che se fosse Berlusconi a raccontarlo andrebbe forse preso con le molle, perché si sa che è da anni che tra il Cavaliere e Casini i rapporti sono piuttosto tesi nonostante qualche tentativo di mediazione portato avanti dal genero del leader dellUdc Francesco Gaetano Caltagirone. Invece a raccontare lo scontro sono quei dirigenti del Pdl che fino a ieri teorizzavano il dialogo con Casini, magari a discapito dellalleanza con la Lega. Da Raffaele Fitto a Fabrizio Cicchitto, ma la lista sarebbe davvero troppo lunga. Il punto è che oggi a via dellUmiltà di Casini non si fida proprio nessuno. Perché è lidea che si sono fatta non solo i cosiddetti falchi ma pure le tantissime colombe il leader centrista sta solo aspettando di veder passare il cadavere del Pdl (magari dopo le amministrative) e raccoglierne i pezzi.
Una convinzione che emerge non tanto dallincontro tra Casini, Pier Luigi Bersani e il ministro della Giustizia Paola Severino che è stato la «scusa» ufficiale per lo scontro frontale tra il Pdl e Monti e il «no grazie» di Alfano ai vertici di maggioranza, quanto per come lUdc si sta muovendo sul territorio in vista delle amministrative. Sono molti, infatti, i comuni in cui i centristi di Casini preferiscono sostenere il candidato sindaco del Pd piuttosto che allearsi con il Pdl, anche quando si parla di città tuttora amministrate da Udc e Pdl (con buona pace dei disperati dirigenti locali che delle beghe romane non si occupano affatto).
A via dellUmiltà, insomma, si sono fatti lidea che la linea di Casini non sia casuale ma il frutto di una strategia tesa a disgregare il Pdl per poi raccoglierne i pezzi, magari in quella futura aggregazione centrista e cattolica teorizzata dal ministro Andrea Riccardi, da Casini e dal segretario della Cisl Raffaele Bonanni in diversi incontri carbonari avuti negli ultimi mesi.
Ecco perché Alfano dice in giro di non essere «né un fesso né un dilettante». Ecco perché da Orvieto rilancia il tema delle nozze gay e delle convivenze di fatto, una questione cara non solo al Ppe ma anche allelettorato cattolico. Uninvasione di campo, un modo per dire allelettorato dellUdc che ci sono altre opzioni. Un modo per far capire a Casini che non è il solo detentore di certi valori. In maniera speculare, è la stessa ragione per cui Alfano decide di affondare sul lavoro. Per «invadere» il campo del Pd, per agire in un territorio che è del Partito democratico per antonomasia (le reazioni, da Bersani ad Anna Finocchiaro sono state infatti durissime). Un modo per battere un colpo. E mettere le mani avanti.
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