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Articolo 18, adesso Bersani canta vittoria

Marcia indietro del governo sull'articolo 18: Monti cede sul reintegro per i licenziamenti per motivi economici. Bersani esulta: "Andiamo fino in fondo". Ma resta l'incognita della Cgil

Articolo 18, adesso Bersani canta vittoria

Una svolta storica, come ha annunciato il presidente del Consiglio Mario Monti, oppure un compromesso al ribasso, come invece si mormora all'Abi e in Confindustria? Il fatto che, nelle modifiche all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, sia riapparso il reintegro nei licenziamenti per motivi economici ha già scatenato le accuse di una flessibilità a metà. Sorride, invece, il Partito democratico con Pier Luigi Bersani che assicura: "A questo punto andiamo fino in fondo, appoggiamo la riforma e mi aspetto che ci stia anche la Camusso".

Dopo settimane di lavoro ai fianchi del Professore e dei partiti di maggioranza, da ultimo nel vertice fiume di ieri sera a Palazzo Giustiniani, Bersani è convinto - parlando coi vertici piddì - di aver ottenuto, con il ritorno del reintegro per i licenziamenti per motivi economici, il massimo della mediazione possibile. "Un passo avanti importantissimo", tira un sospiro di sollievo il segretario democratico che, dopo aver tenuto unito il partito, spera che "tutti, la nostra gente e anche la Cgil, registrino un cambiamento". Secondo fonti vicine a via del Nazareno, non è stato semplice da tessere la tela che Bersani ha imbastito nelle ultime settimane per cambiare la riforma del lavoro. Ma il gioco valeva la candela perché difficilmente il laeder piddì sarebbe riuscito a far "ingoiare" tutta la riforma del lavoro al partito. Nei giorni scorsi erano stati in molti (un po' troppi) a fargli presente che non avrebbero potuto appoggiare un testo che escludeva la possibilità di reintegro anche per i motivi economici. Le conseguenze di un terremoto all'interno del Pd sarebbero cadute inevitabilmente sulla compattezza della maggioranza e, quindi, sulla tenuta dell'esecutivo.

Davanti alla posta in gioco, anche l’ala "montiana" del Partito democratico (come Enrico Letta e Walter Veltroni) si è convinta che bisognava convincere il presidente del Consiglio a correggere il disegno di legge evitando, in questo modo, posizioni estremiste. Così, Monti è stato costretto a partire dal modello tedesco sposato da Bersani per modificare l'articolo 18. Fino alla fine il Quirinale ha fatto la sua parte alla ricerca di una mediazione. "Il concetto che ci stava a cuore - è il bilancio del segretario Pd a fine giornata - c’è: c’è il principio del reintegro c’è e l’onere della prova non è a carico del lavoratore".

In attesa di capire come si muoverà la Cgil, il risultato portato a casa convince l’ala filo-Cgil del partito, pur decisa, come Bersani, a perfezionare la riforma in parlamento. Per il responsabile economico Stefano Fassina, "è una soluzione positiva, innovativa e coerente con i principi di civiltà del lavoro". Anche l’ex ministro Cesare Damiano, che oggi ha partecipato seduto tra i giornalisti alla conferenza stampa del premier e del ministro Fornero, considera che "le correzioni sui licenziamenti per i motivi economici vanno nella giusta direzione". Ed è soddisfatta per due motivi anche l’ala più riformista del partito. "È stato - sostiene Francesco Boccia - un successo politico di Bersani e si conferma che le riforme che contano si possono fare solo con la mediazione sociale di forze politiche come il Pd.

Si dimostra, inoltre, che la maggioranza che sostiene Monti è più solida di come spesso venga dipinta".

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