Cronache

Assolto il generale Mori Non aiutò i boss della mafia

Con l'ex capo dei Ros scagionato anche il colonnello Obinu. Erano accusati di favoreggiamento per la mancata cattura di Provenzano

Assolto il generale Mori Non aiutò i boss della mafia

Roma - Assolti, «perchè il fatto non costituisce reato». L'exgenerale dei carabinieri Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu per il tribunale di Palermo non hanno alcuna responsabilità per la mancata cattura nel 1995 del boss di Cosa nostra Bernardo Provenzano.

Cade per gli imputati l'infamante accusa di favoreggiamento aggravato alla mafia. Bocciata la tesi della Procura secondo la quale i vertici del Ros,nel quadro più ampio della trattativa tra Stato e mafia, avrebbero favorito la latitanza del padrino corleonese, malgrado fosse stato «messo su un piatto d'argento» dal pentito Luigi Ilardo, poi ucciso dalla mafia.

La Corte presieduta dal giudice Mario Fontana non crede alla ricostruzione degli inquirenti e non giudica attendibili le dichiarazioni di Massimo Ciancimino sull'accordo di cui nel 1992 sarebbe stato intermediario prima il padre Vito e poi Marcello Dell'Utri e che avrebbe garantito a Provenzano «l'immunità territoriale». Infatti, i giudici dispongono la trasmissione dei verbali alla Procura, perchè valuti la sua posizione e quella dell'altro accusatore, il colonnello Michele Riccio .

Dopo 5 anni di udienze e 7 ore e mezza di camera di consiglio, il tribunale restituisce l'onore a Mori e Obinu, per i quali Nino Di Matteo aveva chiesto condanne a 9 e 6 anni e mezzo di carcere. Il pm, presente in aula con l'aggiunto Vittorio Teresi e il sostituto Roberto Tartaglia, aveva descritto questo come un evento «drammatico», in cui «lo Stato processa se stesso», e ora annuncia: «È una sentenza che non condividiamo in nessuna parte e che impugneremo sicuramente».

La soddisfazione di Mori, invece, si riassume tutta in una frase lapidaria: « C'è un giudice a Palermo». I due imputati non fanno altri commenti, parla per loro il difensore Basilio Milio: «É la fine di un massacro mediatico, di 5 anni di linciaggio, di teoremi, di falsità e di calunnie. Eravamo fiduciosi per le carte, ma i condizionamenti ambientali e le pressioni costanti ci preoccupavano. Finalmente, Mori e Obinu sono liberi dalle infamie e dalle accuse».

Ad ascoltare la sentenza c'è una decina di esponenti del movimento «Agende rosse», che la pensa diversamente.«Vergogna! Vergogna!», gridano.
Incombe, su questo processo di primo grado appena concluso, il grande tema della trattativa tra Stato e mafia, al centro di un altro procedimento in corso a Palermo che ha tra gli accusati capimafia e politici, come l'exministro dell'Interno Nicola Mancino ( falsa testimonianza) e dell'Utri e ha coinvolto, con le famose intercettazioni distrutte dopo la sentenza della Corte costituzionale, anche Giorgio Napolitano.

«Non ci fu nessuna trattativa tra la mafia e lo Stato», disse Mori in una delle prime udienze del 2008. Ora la sentenza gli dà ragione e non potrà non avere ripercussioni sull'altro processo. Più recentemente, l'exgenerale respinse le accuse di Ciancimino definendosi la vittima di «un composito movimento di opinione che sostiene insistenti ipotesi e teorie suggestive, un portato assiomatico».

Dal Pdl i commenti sono tutti favorevoli. Dice il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri:«Il generale Mori la mafia l'ha sempre combattuta e la sentenza di assoluzione lo ratifica.Si riconoscano i suoi meriti, ci si scusi con lui e ci si occupi, invece, di chi ha cancellato il 41 bis e ha usato un'antimafia di maniera solo per carriere personali». Per Fabrizio Cicchitto, Mori «è stato perseguitato per molti anni per avere svolto in Sicilia un ruolo fondamentale nella lotta alla mafia».

Mentre l'ex-sindaco di Roma Gianni Alemanno ricorda di averlo voluto come consulente per la sicurezza e di essere stato attaccato per questa scelta.

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