Bankitalia tifa per le tasse: via solo quelle sul lavoro

Il governatore Visco lancia l'allarme occupazione e avverte: "Illusorio pensare di uscire dalla crisi con la leva del deficit pubblico. Riduzioni d'imposta selettive"

Bankitalia tifa per le tasse: via solo quelle sul lavoro

Roma - L'Italia non riesce ad uscire dalla recessione. «Anche quest'anno si chiuderà con un forte calo dell'attività produttiva e dell'occupazione», annuncia il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco all'assemblea dell'istituto. Sono Considerazionifinali cupe, quelle lette davanti al gotha della finanza e dell'industria nazionale. La situazione è molto difficile, e Visco non lo nasconde.
I numeri parlano da soli. Rispetto al 2007, anno di esplosione della crisi, il prodotto interno lordo è inferiore del 7%, il reddito delle famiglie di oltre il 9%, la produzione del 25%. Il tasso di disoccupazione è pressoché raddoppiato. La buona notizia è l'uscita del Paese dalla procedura di infrazione Ue per deficit eccessivo. Tuttavia, i progressi conseguiti sui conti pubblici vanno preservati, non dispersi, avverte Visco, «ed è illusorio pensare di uscire dalla crisi con la leva del deficit pubblico». E le riduzioni di imposte, necessarie nel medio termine, «non possono essere che selettive, provilegiando il lavoro e la produzione».
Il messaggio è chiaro: per Bankitalia non c'è spazio per il taglio dell'Imu e per evitare l'aumento dell'Iva. Tutto va concentrato sul cuneo fiscale che frena l'occupazione e l'attività d'impresa. Semplificare e razionalizzare gli adempimenti fiscali può migliorare la correttezza dei contribuenti. Messaggio altrettanto chiaro per quanto riguarda il fronte della spesa pubblica: per quest'anno non ci sono più margini di aumento del disavanzo, perché sono stati assorbiti dalla decisione di pagare i debiti commerciali della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese. Questi pagamenti devono essere accelerati. Ma tanto basta: siamo già al 2,9% nel rapporto deficit-Pil, non c'è possibilità di finanziare altre spese. Un bilancio pubblico in equilibrio, afferma Visco, «è il presupposto per ogni politica efficace ed equa». E nella relazione annuale si legge che i risultati del primo quadrimestre di quest'anno «richiedono di monitorare con attenzione i conti pubblici nei prossimi mesi».
«La recessione sta segnando profondamente il potenziale produttivo, e rischia di ripercuotersi sulla coesione sociale», avverte il governatore. Siamo in ritardo ormai da 25 anni, e l'azione di riforma ha perso vigore, «anche per il progressivo deterioramento del clima politico». L'Istat, nelle stesse ore in cui Visco parlava, ha diffuso i dati della disoccupazione nel primo trimestre 2013: sono estremamente negativi, col tasso di disoccupazione al 12,8%, record dal 1977, e quella giovanile al 40%, massimo storico. I disoccupati sono 3 milioni e 300 mila, e si sono registrati anche 100 mila lavoratori precari in meno. Come uscirne? «Molte occupazioni stanno scomparendo - osserva il governatore - e negli anni a venire i giovani non potranno semplicemente contare di rimpiazzare gli anziani nel loro posto di lavoro». Bisogna assicurare fin d'ora le condizioni perché nascano imprese nuove, e arrivino investimenti dall'estero. «L'Italia si trova ancora in un passaggio difficile: bisogna insistere nelle riforme, che vanno fatte, ma soprattutto applicate».
Le prospettive scure dell'economia dipendono «in ampia misura» dalle condizioni di accesso al credito. Da fine 2011 i prestiti alle imprese si sono contratti di circa 60 miliardi di euro, e nei primi quattro mesi di quest'anno il calo si è di nuovo accentuato. I tassi restano superiori a quelli medi europei, di un punto per le imprese, di mezzo punto per le famiglie. Le banche concedono meno credito, le imprese chiedono meno prestiti, la qualità degli impieghi si va deteriorando. «Bisogna spezzare questa spirale che incide negativamente sull'attività economica», dice Visco.
La spirale negativa di cui parla Visco danneggia il tessuto imprenditoriale, ma non solo: le banche si sono indebolite, prima a causa delle tensioni sul debito sovrano e poi per gli effetti della recessione. Le sofferenze rispetto agli impieghi hanno superato la soglia del 4%, un livello che non si vedeva da vent'anni. E ora c'è il rischio che emergano «situazioni problematiche».

Nel complesso, il sistema resta solido, come ha confermato il Fondo monetario internazionale, ma ha di fronte a sé «sfide importanti», in particolare il recupero della redditività. Perché, in caso contrario, si indebolirebbero il patrimonio e la capacità di finanziare il rilancio dell'economia.

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