Berlusconi dà il via libera: il nuovo Senato vedrà presto la luce grazie al nulla osta di Forza Italia. È vero che non c'è ancora l'ufficializzazione ma l'accordo regge. Manca l'intesa sui dettagli della composizione del Senato delle autonomie ma nei prossimi giorni arriverà anche quella. Il Cavaliere, aggiornato costantemente da Paolo Romani e Denis Verdini sulle trattative in atto, dà il suo lasciapassare di massima: «Avanti così». In questo modo viene incontro al premier la cui priorità è incassare il primo «sì» alle riforme a Palazzo Madama entro l'estate. Lo stesso ministro Maria Elena Boschi, d'altronde, continua a ripeterlo a chiunque: «Dobbiamo accelerare perché per noi è fondamentale iniziare il semestre europeo con il primo voto messo in cascina». E sia. Entro luglio, quindi, si avrà la quadratura del cerchio. Berlusconi è riuscito a conquistare molto dalle trattative: il capo dello Stato non nominerà 20 senatori ma soltanto 5; i sindaci saranno rappresentati in misura molto ridotta rispetto all'ipotesi precedente (soltanto 21 su 100 membri totali); i senatori saranno soltanto 100 e non 143 come prevedeva invece il testo base del governo.
Certo, ci sono ancora dei dettagli da definire. Per esempio quale sarà il criterio di scelta dei consiglieri regionali che faranno anche i senatori. Sul punto si sta giocando un braccio di ferro. Il Pd vorrebbe prendere in considerazione soltanto la radiografia del consiglio regionale insediato dopo le elezioni. Forza Italia, in questo spalleggiata dal Nuovo centrodestra, vuole invece prendere in considerazione i voti effettivamente presi da ciascun partito alle elezioni regionali. Questo criterio sarebbe più rispettoso della volontà popolare posto che in alcune regioni vige il premio di maggioranza che di fatto distorce la composizione del parlamentini regionali. Al di là dei tecnicismi, che troveranno la soluzione nei prossimi giorni, il patto Forza Italia-Pd regge e reggerà.
Il motivo principale è che Berlusconi vuole porre il sigillo all'atto di nascita della Terza Repubblica. Vuole essere considerato uno dei padri della nuova Patria, a dispetto di come lo vogliono descrivere i giudici nelle aule dei tribunali. E vuole essere della partita fino in fondo emarginando Grillo. D'altronde Renzi nelle ultime ore ha fatto delle aperture ai pentastellati. Come a dire: preferisco chiudere con te, Silvio; ma se non ci diamo una mossa io sono disposto pure a cercare l'accordo con il Movimento 5 Stelle. L'operazione «asse Renzi-Grillo» sarebbe in salita e forse impossibile ma è meglio non rischiare neppure che la strada venga percorsa. Ecco perché da più parti si giura che ormai l'incontro con Grillo sia solo un pro forma. C'è poi un altro sospetto: se Forza Italia dovesse strappare sulla riforma del Senato il Pd potrebbe «vendicarsi» modificando l'Italicum in funzione anti-azzurri, aprendo alle preferenze e mandando al macero i listini bloccati.
L'altro motivo che spinge Berlusconi a chiudere l'accordo sulle riforme è una valutazione squisitamente politica. Per ora Renzi è forte e ha il vento in poppa. Sfidarlo adesso non conviene e quindi è bene abbracciarlo, secondo una tipica tattica da boxeur. Per ora. Poi, confida il Cavaliere, le cose cambieranno.
Il premier si logorerà; i sondaggi sul suo gradimento cominciano a calare e la sua fallimentare politica economica contribuirà a far risalire Forza Italia nei sondaggi. Ma la testa dell'ex premier ora è tutta rivolta ai palazzi di giustizia e ai media. Teme l'ennesimo schiaffo dalla procura di Milano con relativa spazzatura sui giornali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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