Berlusconi: vuole rifare il Pdl ma restare al timone

Nonostante le pressioni del partito, il Cavaliere sta lavorando a una forza snella come nel ’94. E non pensa di farsi da parte. Il portavoce Bonaiuti tenta di smorzare le indiscrezioni "Nessuno strappo". Tutto dipenderà da legge elettorale e dall’esito del duello Renzi-Bersani

Il Cavaliere Silvio Berlusconi
Il Cavaliere Silvio Berlusconi

Ventiquattr'ore dopo. Passato un giorno intero arriva finalmente la smentita. Una correzione di rotta piuttosto generica, niente affatto decisa e – forse - anche un pizzico forzata. Sta di fatto che, dopo non aver battuto ciglio per un giorno interno con i colonnelli del Pdl fuori dalla grazia di Dio e dopo averci pensato sopra una notte intera, è Paolo Bonaiuti a cercare di aggiustare le cose. «Ancora una volta – spiega il portavoce di Berlusconi - leggiamo su molti quotidiani e su molti siti internet ricostruzioni e retroscena sul Popolo delle libertà nonché frasi attribuite all'ex premier destituite di ogni minimo fondamento».

Tutto falso, insomma. Non è vero che il Cavaliere voglia tagliare il cordone ombelicale con un partito che non sopporta più da tempo e non è vero che il Pdl sia ormai diventato una cosa lontana e assolutamente fuori da quella che è la realtà. Al netto delle polemiche sul Laziogate o dello scandalo Fiorito, visto che l'ex premier resta ancora assolutamente incredulo rispetto alle polemiche che hanno travolto la regione Lazio. Ed è questa la verità. Berlusconi è molto perplesso da quanto accaduto e niente affatto convinto delle prospettive di un partito in affanno. Resta dell'idea che il Pdl vada superato, che nel gruppo dirigente di via dell'Umiltà siano ormai in pochi i cosiddetti «presentabili» e che sia necessario – il più presto possibile – un deciso cambio di passo.

La smentita arrivata ieri - prima della partenza per la Russia (dove è atteso per il compleanno di Putin) – sarebbe solo una conseguenza delle tante pressioni dei vertici di via dell'Umiltà, al netto di uno scollamento tra Berlusconi e il resto del partito che è difficile da descrivere.

Forse è anche per questo, per prendersi qualche ora di libertà, che il Cavaliere ha deciso di concedersi un week end a Mosca per i sessant'anni di Vladimir Putin, un appuntamento – quello del compleanno del leader russo – che l'ex premier non salta ormai da molti anni. Il segno di un rapporto che non è solo politico, ma anche personale visto che Berlusconi continua a non farsi mancare il consueto faccia a faccia in dacia con il leader russo. Quel che è certo è che Berlusconi è pronto a rivoluzionare il partito, trasformandolo in movimento, e rimettersi in prima linea. Ma non certo a passare il testimone ad altri. A farsi da parte. Addirittura, come sostiene qualcuno, a non presentarsi neanche alle politiche. Che il Cav pensi di non candidarsi alla Camera o al Senato non sta in piedi.

Certo, come dice Roberto Formigoni - presidente della Lombardia in questi giorni sotto i riflettori per il «caso Dacco» - «Berlusconi non muore dalla voglia di candidarsi. L'ho incontrato due giorni fa, mi ha confermato che sta lavorando alla ricerca di un possibile leader diverso da se stesso. Pur di ricostruire un fronte moderato siamo pronti a discutere della candidatura di una persona che non venga dalla storia del Pdl», spiega il governatore lombardo.

Poi, tutto dipenderà da quale sarà la legge elettorale, da come si chiuderà l'accordo. Se si resterà con il Porcellum (che predilige gli schieramenti) o si passerà ad un sistema proporzionale (che premia il primo partito). È questo il vero snodo che può cambiare tutto e ribaltare lo scenario.

Senza considerare le primarie del Pd, l'eventualità che le possa vincere Renzi o che comunque le possa «dominare». A quel punto il quadro cambierebbe. E molti nel Pdl sarebbero tentati dal nicchiare al sindaco di Firenze.

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