Berlusconi teme il trappolone e medita il ritorno a Forza Italia. Il Cavaliere, prima di tornare ad Arcore per incontrare Galliani e Allegri e occuparsi del suo Milan, a Villa Certosa non nasconde il pessimismo ai suoi ospiti. Non si aspetta grandi sorprese dalla magistratura di Milano sul processo Ruby. E attende con apprensione la sentenza della Corte costituzionale sul legittimo impedimento sul processo Mediaset. Qualora il giudizio fosse negativo, il procedimento potrebbe correre spedito verso una sentenza di condanna in via definitiva, con tanto di interdizione dai pubblici uffici. Eccolo il trappolone, ossia il disegno che la sinistra persegue da vent'anni: far fare ai magistrati il lavoro sporco di squalificarlo politicamente per poi andare all'incasso elettorale. Da tempo una parte del partito lo mette in guardia su questo. Da tempo alle orecchie del Cavaliere arrivano voci perplesse sull'esito che potrebbe avere un abbraccio mortale col Pd. Ma, per ora, la strategia non cambia. Falchi e colombe? Daniela Santanchè lo esclude: «Polemiche stucchevoli. Ma vorrei che tutti prendessero coscienza che tra 15 giorni una sentenza potrebbe togliere dalla scena politica il nostro leader». Il quale come sempre ascolta tutti e riflette. Tende a tenere separate le due cose, consapevole che queste potrebbero incrociarsi. L'ultimo affondo della parte più militante della magistratura potrà avere ripercussioni sul governo. Si tratta di aspettare ancora qualche settimana, senza fasciarsi la testa in anticipo.
Nel mentre s'impone una ristrutturazione del Pdl. La crisi, unita alla nuova legge sul finanziamento pubblico ai partiti, impone una rivisitazione del sistema di approvvigionamento ai fondi. Vanno bene le cene e tutti gli strumenti del cosiddetto fund raising; vanno bene altre forme di tesseramento per racimolare quattrini da spendere per le campagne elettorali. Ma soprattutto occorre tornare a regalare un sogno agli italiani, esattamente come accade nel 1994 con la storica discesa in campo. Un'operazione complessa, difficile da fare dalla sera alla mattina, ma destinata a compiersi. La manovra è agli studi degli sherpa del partito, ben consapevoli che il lavoro non può esaurirsi in un semplice restyling: non basta cambiare nome; non basta ritoccare il simbolo. E ancora: ci sono norme, regolamenti, ma soprattutto rapporti di forza da tenere in considerazione. Roba che non scalda i cuori degli elettori ma scalda gli animi interni del Pdl.
E proprio in queste ore il tema delle cariche sembra tornare in auge. Sì, perché c'è ancora in ballo una sede vacante: quella di vicepresidente della Camera. Un ruolo che sarebbe destinato a Daniela Santanchè, nome che però fa venire l'orticaria alla sinistra. Tuttavia, qualora non si raggiunga l'accordo sulla Santanchè, il suo nome potrebbe essere spendibile all'interno del partito. In fondo un coordinatore se n'è andato, visto che La Russa ha fondato Fratelli d'Italia; mentre l'altro, Sandro Bondi, s'era autosospeso.
Proprio Bondi, ieri, ha ricevuto forte l'endorsement di un'ala del partito. Il capogruppo al Senato, Renato Schifani, per esempio: «Mi auguro che Bondi rientri nel suo ruolo, perché con il suo equilibrio saprebbe dare un grande contributo al Pdl».
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