L’incidente è tutt’altro che chiuso. Tanto che anche chi nel Pdl ha sempre rappresentato l’anima più moderata del partito - quella che fin dall’inizio ha teorizzato il sostegno a Mario Monti «per senso di responsabilità» - oggi non esita a parlare di «governo ostile». Una sorta di presa d’atto - per alcuni anche a malincuore - dopo gli affondi del premier su Berlusconi, Alfano e Forza Italia. Critiche dure nel merito e sprezzanti nei toni, tanto che persino la precisazione arrivata ieri («È stato un malinteso», ha detto Monti) viene derubricata a una mezza presa in giro. «Che intendeva dire? Che Berlusconi, Alfano e tutti noi non siamo in grado di capire cosa dice in pubblico il premier?», sbotta un dirigente di punta di via dell’Umiltà. Peraltro, dice Guido Crosetto, «vada per noi politici che magari siamo faziosi» ma «è strano che abbiano equivocato tutti i giornalisti ed i giornali italiani che sono molto ben disposti nei confronti del premier». Tutti ragionamenti fatti nel corso di una riunione dei vertici del partito con il Cavaliere in collegamento telefonico da Arcore. E ripetuti ancora ieri da Berlusconi in diverse conversazioni private: siamo davanti a un governo ostile e non se ne capisce la ragione visto che lo sosteniamo pagando un prezzo altissimo dal punto di vista elettorale. Di qui la convinzione ribadita a diversi interlocutori nel corso della giornata: «Dobbiamo uscire dalla maggioranza e dare l’appoggio esterno».
Insomma, nonostante Alfano assicuri che «l’incidente è chiuso» e che il governo Monti «arriverà a fine legislatura», le cose stanno esattamente nel verso opposto. D’altra parte, non deve essere un caso che Fabrizio Cicchitto definisca quella del segretario del Pdl una «lezione di stile» a Monti. Come a lasciare intendere che di cose da dire ce ne sarebbero tante ma che Alfano non vuole fare l’incendiario a pochi giorni dalle amministrative. Certo, come finirà la partita e quando si tornerà alle urne è impossibile prevederlo, ma è innegabile che da 48 ore a questa parte - dichiarazioni pubbliche a parte - gli equilibri della «strana» maggioranza Pdl-Pd-Udc siano cambiati. E dopo i ballottaggi delle amministrative - concordano quasi tutti i big del Pdl, che siano ex Forza Italia o ex An - «tutto è possibile». Compresa, appunto, l’eventualità di un «appoggio esterno» al governo, ipotizzato in privato dallo stesso Cavaliere. Un Berlusconi che ieri a Monza, seppure con parole diverse e più prudenti vista l’occasione pubblica, l’ha peraltro lasciato intendere. «Non potremo votare provvedimenti che non condividiamo», ha detto durante l’incontro elettorale a sostegno del candidato sindaco Andrea Mandelli. Il che, tradotto, significa che il governo potrebbe essere nella condizione di non porre più la fiducia per blindare i provvedimenti e doverli invece discutere caso per caso con un Pdl che a quel punto rinuncerebbe anche ai vertici Alfano-Bersani-Casini.
Un cambio di rotta, insomma, è possibile. Se non addirittura probabile. E non certo perché il Pdl accusi Monti di «lesa maestà» per le critiche dei giorni scorsi. Il punto è un altro. È la convinzione che il Professore non parli a caso e non abbia sparato bordate su Berlusconi, Alfano e persino Forza Italia per un incidente di percorso. Il timore è che ci sia una strategia concordata tra Quirinale e Palazzo Chigi che ha l’obiettivo di «spremere come un limone il Pdl» per poi consegnare il suo elettorato nella mani di Pier Ferdinando Casini. Ecco il perché - si ragiona a via dell’Umiltà - degli affondi di Monti seguiti da scuse considerate poco credibili. Il premier, commentava in privato con un suo collega Cicchitto, ha usato «prima il bastone» e poi «la carota», peraltro «avariata». E se l’obiettivo è il Pdl è chiaro che anche il Cavaliere è nel mirino.
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