Bersani cerca la svolta. In birreria

Il nodo al Senato è irrisolto, ma il segretario preferisce vedere Saviano. E lunedì cerca il via libera per trattare col Pdl

Pier Luigi Bersani non rinuncia ad una pausa in una birreria nel centro di Roma
Pier Luigi Bersani non rinuncia ad una pausa in una birreria nel centro di Roma

Roma - Non fosse stato per quella irridente sala di Montecitorio, la «sala del Cavaliere», il sabato di Pier Luigi Bersani avrebbe avuto il pregio dell'ordinario tran-tran: gli incontri programmati con gli amici dell'Anci e del Forum Terzo settore, le consuete chiacchiere con i giornalisti, la solita birretta nel solito bar di Campo de' Fiori e un incontro con Roberto Saviano, a cui ha assicurato «misure per la legalità» in caso di incarico. Itinerari rassicuranti di una vita da precario, sempre in attesa di un futuro migliore, de svortà, come dicono i romani. Non avendo in tasca il biglietto della lotteria, ma solo una carta di pre-incarico, il leader del Pd può dichiararsi «tranquillissimo» e persino «non pessimista». Se la svorta ancora non si vede, lui però l'attende. «Mission impossible? Non c'è nulla di impossibile», si conforta. E ad alcuni ragazzi all'uscita dalla birreria: «Le sorprese non sono ancora finite...», dice. Su quali possano essere è buio fitto, come quello che scende sulla statua che ricorda il luogo dove finì arrostito Giordano Bruno, l'eretico visionario di un mondo diverso, immanente e anche un po' magico, tra Casaleggio e il bucolico di Bettola. Bersani sa che quella può essere la sua fine, ma s'avvia alla pira con la medesima speranza. Segue il «doppio binario» indicato da Napolitano: da una parte un programma di governo di riforme da fare, dall'altro i temi istituzionali. «Qui si può trovare un equilibrio di responsabilità, fuori ci sono cose più difficili e precarie...». Risponde a Berlusconi che lo stuzzica sulla precarietà dell'incedere. «Io precario? Siamo in buona compagnia. Dica Berlusconi se ci sono ipotesi meno precarie, io non credo... Che ci sia un passaggio difficile, una porta stretta, non lo nego, ma se mi metto al servizio di questo passaggio non è per me...».
Fragile è il filo della trattativa, nel giorno in cui il Giaguaro si concede al suo popolo e mostra il baratro in cui tutti si può cadere, un'altra prova elettorale. A sfidarlo non sarebbe più neppure più lo Smacchiatore mancato allora, il giovane Renzi l'ha già dichiarato ai quattro venti, e così il sentiero di Bersani diventa davvero piccola cruna, disperato passaggio verso il mondo dei dimenticati. Ecco perché tutto va letto nella trasparenza di giornate che servono a prender tempo, a far maturare i contatti che ci sono, a definire i contorni reali del tentativo bersaniano. Che non ha ancora del tutto perduto la speranza in Grillo: «Inutile che mi attacchino, non ho fatto una mossa del cavallo, vedrete che farò delle proposte di cambiamento, se scappano si prenderanno la loro responsabilità...». Ma senza indicare come potrebbe mai convincere Cinquestelle a starci, con quali effetti speciali, appare tutto per quel che è: bluff o arma spuntata.
Diverso e parallelo corre il binario verso il Pdl, anche se la giornata di piazza non aiuta. Per ora il Capo piddino è ancora alle ripicche sulla caduta del governo Monti, a negare dialogo con «chi adesso parla di concordia», ad annunciare una «più stringente legge su incompatibilità, incandidabilità e ineleggibilità», anche se non si sbilancia sull'applicabilità a Berlusconi (la legge non dispone che per l'avvenire) e dice solo: «Si vedrà». Eppure il capitolo delle riforme è uno spartiacque che dovrà necessariamente essere varcato, e un altro riguarda i papabili per il Quirinale. Alla possibilità che resti Napolitano ancora per un po' s'è aggiunta, forse per comune azione dei Letta (zio e nipote), un'importante quotazione dell'abruzzese Franco Marini, nome non sgradito dalle parti del Pdl. Lo stesso Monti subordina la collaborazione all'apertura di un dialogo con il Pdl, e la Lega è disponibile soltanto con il nihil obstat del Cavaliere.
Ma prima che il cammello passi per l'ago, che la svolta di prospettiva da Grillo a Berlusconi venga compiuta, Bersani vuole che il partito ne prenda coscienza, che gli conceda il mandato, che gli salvi la faccia, se non l'onore.

Non è un caso che abbia convocato la riunione dei gruppi parlamentari per lunedì pomeriggio e (soprattutto) la Direzione nazionale per lunedì sera, ovvero prima dell'annunciato giro di consultazioni con i partiti. Sarebbe stato logico semmai il contrario. Un piccolo segnale nelle ombre minacciose di Campo de' Fiori.

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