Un'ispezione al palazzo di giustizia di Bologna dove la procura avrebbe riservato un trattamento di favore Pier Luigi Bersani. S'infiamma la polemica sull'inchiesta che coinvolge l'ex segretario democratico e la sua segretaria Zoia Veronesi e che nei mesi scorsi, proprio in coincidenza con la campagna elettorale, ha conosciuto uno strano rallentamento. La richiesta di ispezione verrà avanzata dal deputato Elio Massimo Palmizio (Pdl) con un'interrogazione urgente al guardasigilli Anna Maria Cancellieri.
Il ministro deve verificare «le motivazioni che hanno portato a ritardare di un anno l'inchiesta su presunti finanziamenti transitati nel conto corrente intestato alla segretaria dell'onorevole Pier Luigi Bersani, all'epoca segretario del Partito democratico»: così è scritto nella bozza di interrogazione. Palmizio si domanda «come mai i magistrati, nel momento in cui hanno appreso dell'esistenza del conto corrente riservato intestato a Zoia Veronesi, indagata per truffa, hanno deciso di secretare gli atti, inviandoli per competenza alla procura di Roma solo tre settimane fa, a distanza di 12 mesi dalla presunta notizia di reato».
A pensare male si fa peccato, diceva Andreotti, ma ci s'indovina. Il sospetto di Palmizio è nero su bianco: bisogna accertare se di fronte al possibile coinvolgimento nell'inchiesta di Bersani, che negli ultimi mesi era leader del Pd e candidato premier alle elezioni di febbraio, «i pm non abbiano deciso di riservargli un trattamento di favore».
Questa inchiesta nasce da un precedente fascicolo che coinvolge Zoia Veronesi e l'ex parlamentare Bruno Solaroli, capo di gabinetto del governatore dell'Emilia-Romagna Vasco Errani. Per quasi due anni la Veronesi fu distaccata a Roma in un nuovo ufficio, ma è risultato che lavorasse per Bersani e non per la regione: di qui l'accusa di truffa aggravata. La fase delle indagini preliminari è chiusa e la procura emiliana si appresta a chiedere il rinvio a giudizio degli indagati. Zoia Veronesi è la storica segretaria di Bersani dai tempi in cui l'ex segretario del Pd era presidente della Regione.
Tre settimane fa, in gran segreto, i pm bolognesi hanno trasmesso alla procura di Roma un fascicolo (nel quale non risultano persone indagate) relativo a un conto corrente bancario intestato a Bersani e alla sua segretaria sul quale sarebbero transitati negli anni quasi 500mila euro. Il denaro sarebbe frutto di contributi privati e il conto è aperto all'agenzia del Banco di Napoli della Camera. Il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone dovrebbe incaricare la Guardia di Finanza di indagare per verificare l'esistenza di violazioni della legge sul finanziamento dei partiti.
I pm bolognesi hanno scoperto il conto corrente un anno fa appunto nell'ambito dell'inchiesta sul distacco a Roma di Zoia Veronesi. Volevano ricostruire i movimenti bancari della segretaria di Bersani per verificare se prendesse lo stipendio dalla regione lavorando però con lo smacchiatore di giaguari. Il conto fu aperto nel 2000 e secondo Bersani è tutto in regola. Tuttavia appare strano che la procura felsinea abbia atteso un anno per spedire a Roma le carte dell'inchiesta. La competenza delle indagini è romana perché i contributi riguarderebbero l'attività politica di Bersani e il conto è aperto in un istituto della capitale. A Bologna restavano le indagini sul reato di truffa.
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