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Bersaniani nel panico: pensano alla scissione per smacchiare Matteo

Tramontata l'ipotesi doppio turno, gli ex Ds studiano il blitz in Aula. Il paradosso: sperano in Alfano perché ottenga qualcosa anche per loro

Bersaniani nel panico: pensano alla scissione per smacchiare Matteo

I sorrisi sgargianti offerti ai fotografi ieri sera a Roma a Largo del Nazareno da Matteo Renzi, al termine del lungo incontro avuto con Silvio Berlusconi nello stesso palazzo dove un anno fa la sinistra cantava smacchiamo-il-giaguaro-smacchiamo-il-giaguaro, hanno fotografato bene una nuova situazione politica in cui a cantare vittoria, almeno per il momento, sono i rottamatori dei furbetti del partitino. E in cui a intonare invece un grande e straziante lamento sono i teorici della vocazione minoritaria. Teorici che, in questo caso, coincidono con i due principali partiti che si trovano a sostenere il governo: il partito (più o meno vero) guidato da Angelino Alfano, ormai a suo agio nei panni della costola della sinistra, e il partito (più o meno virtuale) guidato da Enrico Letta e dagli inconsolabili bersaniani: che a un anno dalle ultime elezioni oggi devono fare i conti con un patto a due firmato dai nemici storici: Renzi e Berlusconi. Che non solo si sbaciucchiano in pubblico ma che lo fanno persino dentro la sacrestia del Pd. La resistenza chiodata del Pdr (Partito dei rosiconi) – che venerdì si è manifestata attraverso la minaccia arrivata dal portavoce di questo movimento, Alfredo D'Attorre, perfetto erede di Stefano Fassina Chi, che con tono fortemente autorevole ha avvertito Renzi che se si azzarda ad allearsi con Berlusconi questo governo non c'è più – comincerà a farsi sentire nelle prossime ore e un suo scopo ce l'ha: non solo far durare Letta il più a lungo possibile (anche per disarmare Renzi, logorarlo e farlo arrivare spompo alle elezioni) ma anche far risorgere a sinistra quell'orgoglio comunista asfaltato dal segretario fiorentino. Che cosa hanno in testa i nuovi smacchiatori? La prima battaglia è la legge elettorale e si tratta di una battaglia campale non solo per far durare il governo ma anche per costruire la riconquista del Pd.

E per farlo, ovviamente, serve una legge che possa garantire due cose: le preferenze (che premiano quei partiti che non hanno leader ma hanno molti capibastone) e un sistema in cui i partiti grandi siano costretti ad allearsi con i più piccoli per acciuffare il premio di coalizione. Gli «alfaniani del Pd» sognano questo schema per contare ancora in futuro e non essere spazzati via da un sistema che metterebbe nelle mani dei leader tutto il potere di vita e di morte sui candidati in Parlamento (come quello simil-spagnolo che vogliono Renzi e Berlusconi). Lo vogliono per questo ma lo vogliono anche perché senza uno schema del genere per il Partito dei rosiconi il piano B non avrebbe più cittadinanza. Se la minoranza del Pd sogna infatti un sistema che garantisca lunga vita ai piccoli partitini alla Alfano è anche perché un modello del genere darebbe loro nel futuro un'arma mica male, accarezzata in questi giorni da D'Alema con la stessa cura con cui il diabolico Ernst Stavro Blofeld nei film di James Bond accarezzava il suo mitico gatto persiano. L'arma quella del ricatto al segretario del Pd e suona più o meno così: o fai le cose che ti diciamo noi, oppure ce ne andiamo via, ci prendiamo i soldini che Ugo Sposetti custodisce nella fondazione Ds (circa mezzo miliardo di euro) e ci mettiamo in proprio. Pur essendo difficile che si arrivi a questa soluzione è invece meno improbabile che gli ex Ds facciano pesare un altro patrimonio di cui possono beneficiare in Parlamento. Il patrimonio corrisponde alle truppe di cui i bersaniani possono usufruire tra Camera e Senato e visto che quelle truppe sono arrivate a Montecitorio e a Palazzo Madama non dopo le ultime primarie ma dopo le penultime primarie, quelle vinte da Bersani, non può stupire che i numeri in Parlamento degli anti renziani (che alcuni esperti dicono siano intorno ai 150, su 400 totali) potrebbero rivelarsi un problema non da poco per il leader del Pd. Ieri il segretario, in realtà, ha asfaltato l'unica proposta finora messa in campo dal Pdr (il doppio turno). Ma per non correre il rischio di essere asfaltato dai suoi gruppi, guidati più da Letta che da Renzi, il segretario farà ancora un tentativo per portare dalla sua parte i suoi nemici interni. Dopo di che sfiderà tutti.

Sapendo però che dentro la pancia del Pd c'è un partito di smacchiatori che non vede l'ora di appendere sulla parete la pelle del nuovo amico del giaguaro.

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