Non c'è bisogno di essere di destra o di sinistra. I mercati non sono ideologici, pensano solo a guadagnare o a non perdere soldi. E ieri sui mercati, cioè parlando con qualche boss delle sale operative su titoli azionari o di Stato italiani, si capiva subito che quello che stava succedendo: la reazione negativa delle quotazioni di Borsa e dei Btp era dovuta alle annunciate dimissioni di Mario Monti, avvenute nel weekend. La sfiducia all'esecutivo da parte del Pdl con la ridiscesa in campo di Berlusconi, invece, non hanno avuto alcun peso. Almeno non direttamente. Certo, dice un esperto banchiere d'affari, «le conseguenze del ritorno del Cavaliere complicano il quadro politico rendendolo più instabile o più bellicoso. Ma se Monti non si fosse dimesso, lasciando incertezza sul suo futuro politico, ieri sarebbe stata una giornata di Borsa senza grossi scossoni». D'altra parte i mercati avevano già smaltito la «sfiducia» del Pdl giovedì e, soprattutto, venerdì scorso, quando la Borsa si era limitata a perdere lo 0,9 e lo 0,8%. Mentre lo spread aveva messo su poco più di dieci punti al dì. Ieri invece l'indice dei titoli principali ha ceduto in un sol giorno il 2,2% e lo spread ha chiuso a 351 punti, 30 in più di venerdì in una sola seduta. Le tre maggiori banche quotate, Unicredit, Intesa ed Mps, quelle che hanno in pancia da sole un centinaio di miliardi di Btp, hanno perso tra il 5 e il 6% di capitalizzazione. L'intero mercato di Milano è risultato di gran lunga il peggiore d'Europa, contro il -0,5% di Madrid, e i più 0,12% e 0,17% di Londra e Francoforte.
A scatenare le vendite è stato l'addio di Monti, che i mercati e gli investitori esteri vorrebbero vedere alla guida del Paese a tempo indeterminato. Invece, paradossalmente, il suo passo indietro, con una possibile discesa in campo diretta, rende ora più difficile anche il suo ritorno dopo le elezioni. Che, al contrario, sarebbe apparso più agevole o comunque sempre percorribile attraverso una nuova chiamata «tecnica». Non è un caso che lo stesso Monti sia intervenuto ieri a frenare l'ondata di pessimismo: «Non bisogna drammatizzare le reazioni dei mercati».
Ma da sabato Monti è percepito come meno tecnico e più politico. Ecco il problema ed ecco cosa rende i mercati nervosi. Mentre in questo nervosismo si è aperta una finestra buona per vendere e portarsi a casa plusvalenze che, per i titoli di Stato più lunghi, sono nell'ordine del 20-25% in 12-18 mesi. La Borsa, che come ha detto Gianluca Garbi, ad di Banca Sistema, «è ormai un derivato dello spread», ha reagito di conseguenza con un calo che, comunque, si è fermato al 2,2%.
Bisognerà vedere cosa succederà da oggi in poi, per capire se si tratta di un nuovo trend negativo. E aspettare l'asta dei Btp di giovedì, 3 e 15 anni per 4,25 miliardi, per capire se lo spread più alto si trasformerà effettivamente in maggiore spesa per il Tesoro. Infine c'è il tema degli aiuti all'Italia.
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