Bossi assediato urla al complotto "Pm mandati da Roma padrona"

L’ex segretario reagisce: "L’inchiesta puzza. Vogliono incastrarci perché la Lega è pericolosa". E sui figli: "Renzo mi ha portato le prove, l’auto l’ha pagata lui"

Bossi assediato urla al complotto  "Pm mandati da Roma padrona"

Venerdì santo, venerdì di penitenza per Umberto Bossi che apre la giornata evocando il tradimento di Gesù («Maroni non è un Giuda») e la interrompe alle tre del pomeriggio per ascoltare il vangelo della morte di Cristo e baciare il crocifisso nella chiesa di Santa Giustina, la parrocchia del quartiere milanese di Affori poco distante da via Bellerio. Dove il Senatùr ritorna al termine della cerimonia liturgica per incontrare proprio Roberto Maroni. Da un Golgota all’altro.
Il giorno dopo le dimissioni il leader in congedo del Carroccio non dimostra un animo pronto alla battaglia. Davanti alla casa di Gemonio, verso mezzogiorno, Bossi si offre alle telecamere immolandosi con gli occhiali indossati storti, l’astina sinistra infilata direttamente nell’orecchio, uno sguardo sfasato e tanti dubbi irrisolti. Ha la faccia dimessa di chi non si è ancora riavuto da un brutto colpo. E che non sa darsi ragione di tutto.
Si tratta di vicende poco chiare anche a lui, lo ripete, e si riferisce proprio ai fatti interni al partito. È sospetta la provenienza di Francesco Belsito, «uno che poi si scopre amico della ’ndrangheta, dei mafiosi», intrallazzato con «le aziende di Stato che fabbricano armi». Misteriose sono anche le operazioni finanziarie realizzate in questi anni: «Stefani (il nuovo tesoriere, ndr) dovrà rintracciare tutta una faccenda molto oscura».
È torbida perfino la ristrutturazione di casa sua a Gemonio, che secondo gli inquirenti è stata pagata con soldi del finanziamento pubblico: «C’era soltanto da rifare un balcone che perdeva acqua, avevano sbagliato i lavori e abbiamo dovuto chiamare uno della Lega dalla Bergamasca. Questo ha incaricato la ditta di un amico e poi non ha mandato la fattura. Boh, può darsi sia andato a battere da qualche altra parte». Magari era un ingranaggio del complotto che Bossi insiste a dipingere. Perché per il fondatore della Lega Nord non c’è diversa spiegazione a quello che sta succedendo.
«La Lega è pericolosa - dice - perché è sotto l’occhio non solo di Roma farabutta che ci ha dato questo tipo di magistrati, ma anche della militanza, perché è gente che ci crede. Mi sa tanto di qualcosa organizzato contro di noi. Sapevamo che il sistema ce l’avrebbe fatta pagare. Questa inchiesta puzza, ci vogliono incastrare. Se un amministratore è in combutta da anni con una famiglia della ’ndrangheta, perché si viene a sapere solo adesso?». Bossi tenta di scaricare su Belsito, suo protetto fino a pochi giorni fa.
Un cronista chiede se sia un caso che tutto questo succeda dopo la rottura con il Pdl. «No - ribatte secco il Senatùr -. A Roma l’unica cosa alla quale pensano è sopravvivere con i soldi del Nord. Noi siamo nemici di Roma padrona e ladrona, nemici dell’Italia, di uno Stato che non riuscirà mai a essere democratico». Che ci sia Berlusconi dietro tutto questo? «Nooo...»: qui Bossi oltre che deciso è pure stupito della domanda. «Berlusconi ci sarà rimasto male. Ci siamo sentiti una settimana fa, per caso».
L’inchiesta «puzza» anche perché Bossi è convinto che i suoi ragazzi non c’entrino. «Sì, ho parlato con i miei figli - rivela - mi hanno portato le prove, le ricevute, la macchina è sua (si riferisce a Renzo, ndr), l’ha pagata lui, di questo sono certo perché ho visto le carte con i miei occhi. Attaccano la mia famiglia per colpire me». Poi riecheggia il ritornello: «Ma ci sono dei lati oscuri».
Bossi non evita nemmeno le domande sul presente e il futuro politico. La ricandidatura al congresso di ottobre non è esclusa. «Non abbiamo ancora deciso, quando faremo il congresso ve lo dirò. Io non sono più il segretario, ma un sostenitore. Ho anche più tempo libero». E poi c’è il rapporto con Maroni. «Lo vedrò nel pomeriggio - conferma al mattino a Gemonio prima di partire per via Bellerio - me lo ha chiesto lui ieri, ci si vede per discutere cosa dobbiamo fare.

Maroni non è un Giuda - aggiunge il Senatùr - ha fatto solo una specie di corrente, i Barbari sognanti, e non tutti sono d’accordo perché la Lega è sempre stata monolitica. Non penso che siano con me, ma neppure contro di me». Via libera del capo, dunque, anche alla corrente maroniana.

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