Roma Non è tempo di ricuciture, abboccamenti o limature. L’appello al realismo politico lanciato da Angelino Alfano a non rompere l’alleanza storica tra il Pdl e la Lega e non consegnare il Nord al centrosinistra per il momento cade nel vuoto. Sono le parole di Umberto Bossi a gelare le speranze di un accordo e a far scattare il semaforo rosso.
«Berlusconi mi fa pena - dice il Senatùr al congresso della Lega- va a votare il contrario di quello che faceva.
Per questo non è possibile fare un accordo per le amministrative».La parola d’ordine è: «La Lega va da sola». Bossi, però, lascia aperto uno spiraglio: «Poi se c’è qualche eccezione, che ne valga la pena, bisogna passare da me, decido io». Bossi attacca anche Mario Monti definendolo «un dramma», uno che «risponde solo alle richieste dell’Europa e delle banche. Noi non rinunceremo mai alla nostra libertà, la Padania si farà a tutti i costi». Alle sue parole scatta il coro «secessione, secessione». La risposta del leader del Carroccio è pronta. «Se Monti fosse qui canterebbe recessione, recessione». In mattinata il primo «no, grazie» era arrivato da Roberto Calderoli: «La Lega correrà da sola, la strada è in salita, ma dopo anni dobbiamo contarci per vedere se il popolo padano ha capito o continuerà a votare ancora per Pdl e Pd». E al sindaco di Verona Flavio Tosi dice: «Se fa una lista sua, si mette automaticamente fuori dalla Lega» Lo stop della Lega sicuramente non dispiace all’Udc che incassa i dividendi della rottura tra i due storici alleati e si trova a poter trattare al tavolo dei moderati da una posizione di forza. Peraltro uno dei messaggi pronunciati da Alfano, quello sulla «sinistra che porta dritta ai matrimoni gay come in Spagna», sembra rivolto direttamente a Pier Ferdinando Casini, una sorta di mementorispetto alla tentazione centrista di stringere accordi con i democratici.
La situazione delle alleanze, comunque, è mobile come conferma il «laboratorio Palermo» dove gli schieramenti iniziali si vanno rimescolando all’indomani della rottura tra Udc e Fli e l’apertura del partito di Via dei Due Macelli al Pdl (che pare sia stata accompagnata da una rovente telefonata serale tra lo stesso Casini e Gianfranco Fini). Il leader dell’Udc, comunque, non ha ancora fatto commenti ufficiali sulla questione palermitana. Chi parla e saluta con favore lo strappo Pdl-Lega è Rocco Buttiglione. «Le dichiarazioni della Lega confermano che prendere le distanze da questa Lega è l’unica premessa possibile per mettere insieme i moderati italiani. Alfano fa bene quando mostra di aver compreso che questa è l’unica direzione percorribile, male fanno invece i dirigenti Pdl quando continuano a mostrare ambiguità su questo punto».
Dentro il Pdl le scelte del Carroccio suscitano il rammarico di Ignazio La Russa. «Mi dispiace perché avremo meno chance, così come le avrà la Lega e mi dispiace per i cittadini del Nord a cui Bossi dice di tenere ma solo a parole e non nei fatti». Renato Schifani, invece, si sofferma sull’unità dei moderati. «Caduto il berlusconismo confido che l’area si aggreghi per affinità di programmi e valori » dice il presidente del Senato. A chi gli chiede se si guardi a Casini, Schifani aggiunge: «Certo, lui è leader di un partito moderato che fa parte del Ppe. Ritengo ci debba essere un’aggregazione sotto la comune appartenenza al Ppe. La rottura dell’alleanza con la Lega mi pare irreversibile, la do per scontata».
Una linea che incontra il plauso del portavoce vicario del Pdl, Anna Maria Bernini. «Ha ragione Schifani. Il Pdl, nato per unire i moderati che si riconoscono nel Ppe, è pronto a un confronto per avvicinare in Italia ciò che è già unito in Europa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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