Roma - C'è una data cerchiata in rosso negli uffici di Angelino Alfano e in quelli dei ministri e dei dirigenti passati nel Nuovo centrodestra: il 9 dicembre. Un giorno, quello successivo alle primarie del Pd, che farà da spartiacque e chiarirà le prospettive di sopravvivenza del governo di cui gli scissionisti ex Pdl sono ora pilastro e sostegno. Appena sarà chiusa la partita della segreteria di Via del Nazareno con la scontatissima vittoria di Matteo Renzi si aprirà, infatti, una nuova stagione e si comprenderà se l'era delle strette ma stabili intese - sostitutive almeno negli auspici delle larghe intese - potrà o meno sopravvivere alla strapotere del sindaco di Firenze.
La preoccupazione tra gli alfaniani è palpabile. Tutti dentro il Nuovo centrodestra sono perfettamente consapevoli che l'imperativo attuale è quello di far durare l'esecutivo almeno un anno perché l'organizzazione di un nuovo partito non è uno scherzo. Per questo la speranza, neanche troppo nascosta, è che chiuse le operazioni di voto, il neo-segretario e il presidente del Consiglio stipulino un patto di non belligeranza, un accordo che proietti l'esecutivo verso il 2015 e stemperi la tentazione renziana di capitalizzare subito il risultato delle primarie. È evidente, però, che all'interno di questo patto Renzi detterà alcune condizioni. Ed è davvero difficile escludere l'opzione di un Letta-bis o perlomeno di un rimpasto che rimpolpi la rappresentanza dei ministri renziani al governo
Senza contare che i mal di pancia sono forti anche dalle parti di Scelta civica dove, dopo la scissione dei popolari di Mario Mauro, si rivendica il diritto a una poltrona pesante. Insomma il rischio di dover rinunciare ad almeno uno dei dicasteri pesanti attualmente occupati da Ncd c'è tutto.
Tra gli alfaniani non è passato neppure inosservato l'approccio tiepido tenuto da Enrico Letta rispetto agli schiaffoni polemici inflitti dai renziani al Nuovo centrodestra, vedi battute affilate sui rapporti di forza in Parlamento. Così come non suscita brividi di piacere verificare come Forza Italia alla prova della scissione tenga molto bene nei sondaggi e di concerto Ncd, facendo la media tra i vari sondaggi, si attesti attorno al 5%. Rilevazioni che indicano anche come gli elettori potenziali siano attratti da un comune richiamo: autonomia da Berlusconi ma contro la sinistra.
Gli alfaniani sanno bene di essere costretti a incarnare un paradosso: minacciare la crisi per garantire stabilità e allungare la vita del governo. Qualche argomento per pensare in positivo, però, c'è. Il ministro dell'Interno tiene alto il morale delle truppe spiegando che per quanto Renzi possa alzare il tiro, il 2014 sarà comunque un anno di lacrime e sangue e fare il grillo parlante è più facile che governare. Inoltre Letta e Napolitano non sono personalità facili da mettere in scacco. Un altro ragionamento consolatorio che circola è quello secondo cui «più Renzi ci attacca, più si comprende che siamo alternativi a loro». Fatto sta che Maurizio Lupi chiede al Pd di «definire insieme le priorità» e invoca «un patto chiaro». Ferma restando l'appartenza al perimetro del centrodestra.
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