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In camera caritatis

E insomma il taglio dei parlamentari in realtà della rappresentanza, e quindi della democrazia - doveva essere il simbolo di una politica più sobria e economica, e invece tutto si è risolto nel solito spreco

In camera caritatis
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Nessuno ha mai davvero capito se siano maggiori i costi della politica o quelli dell'imbecillità umana. Certo che però, quando si sommano, il conto da pagare è sempre in carico a noi imbecilli che la politica neppure la facciamo.

Cosa c'entra? Nulla. Se non che ieri, con sano rancore populista, abbiamo letto il bilancio approvato dalla Camera dei deputati. Secondo il quale nel quinquennio 2017-21 la spesa annua complessiva era attorno al miliardo di euro (1.034 milioni) mentre nel periodo 2022-24, dopo che i deputati furono falcidiati da 630 a 400, è persino aumentata (a 1.293 milioni). E solo

un po' meglio va in Senato. E insomma il taglio dei parlamentari in realtà della rappresentanza, e quindi della democrazia - doveva essere il simbolo di una politica più sobria e economica, e invece tutto si è risolto nel solito spreco. E non è neppure colpa della destra o della sinistra, categorie sopravvalutate. Ma delle grandi riforme dei Cinque stelle, che infatti non sono né di destra né di sinistra, ma che dell'una e dell'altra introiettano i difetti peggiori. È lì che nascono il Reddito di cittadinanza, il Superbonus e Luigi Di Maio.

Già che c'erano, potevano abbassare ulteriormente

i seggi alla Camera e al Senato.

Almeno ci saremmo uniformati all'Ue, dove infatti il Parlamento è puramente ornamentale.

Vabbè. Finisce sempre così. Che il prezzo pagato dai cittadini ancora fiduciosi nella politica è di essere governati non solo da politici peggiori di loro; ma anche più costosi.

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