Caso Sallusti

Carcere ai giornalisti: l'Europa è ipocrita e vittima dei burocrati

Il tentativo di fare appello all'Ue contro l'arresto del direttore del Giornale rischia di naufragare a causa di veti e formalismi

Il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti
Il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti

Chiedo scusa al direttore e amico Alessandro Sallusti. Ho tentato di aiutarti, nella mia veste di parlamentare europeo, per denunciare l'orrore giudiziario che ti ha condannato a 14 mesi di carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Ho finora fallito nel presentare una semplice «dichiarazione scritta», che consente ai deputati europei di aprire o rilanciare un dibattito importante su un tema di competenza dell'Ue.
Facendo leva sull'articolo 11 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea che recita: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera» e «La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati», ho elaborato una «dichiarazione scritta» in cui menzionavo esplicitamente il tuo nome e il tuo caso come esempio plateale della violazione della libertà d'espressione da parte di una magistratura tutt'altro che imparziale. Mi è stato detto che non è consentito fare riferimento a un caso specifico, perché il tema della Giustizia è di «competenza concorrente», cioè non esclusiva dell'Unione, e che pertanto la questione deve essere presentata in termini generici di libertà di espressione. Poi mi hanno detto che non potevo menzionare l'Italia, dal momento che è uno dei pochi Paesi europei dove la diffamazione viene punita ancora come reato penale e non solo civile con una sanzione pecuniaria. Citare l'Italia comporterebbe effettuare distinzioni tra i vari Paesi europei e, pertanto, mi è stato chiesto di affrontare l'argomento in termini generici validi per l'insieme dell'Ue. In ultimo mi hanno detto che non posso neppure menzionare specificatamente il reato di diffamazione, perché mi spiegano che la «dichiarazione scritta» deve essere propositiva, fornire contributi positivi e non menzionare questioni negative.
Ed è così, caro direttore, che la versione finale, in attesa di approvazione, si limita a dichiarare genericamente la necessità di garantire la libertà di espressione in tutti gli Stati membri e di armonizzare la legge in materia in modo uniforme. Mi viene consentito di ripetere i contenuti contemplati dai Trattati e dalla Carta Fondamentale dei Diritti! Questa è la libertà di cui godiamo in Europa! Un'Europa che ci impone l'80% delle leggi nazionali, che sono la semplice trasposizione delle direttive e dei regolamenti concepiti in seno alla Commissione, i cui 40mila burocrati non sono stati eletti e non rispondono del loro operato. Un'Europa che viola il fondamento della separazione dei poteri dello Stato di diritto. Un'Europa che pur essendo un'organizzazione internazionale esercita un potere invasivo nella legislazione dei Paesi aderenti. Un'Europa che si attribuisce la «competenza esclusiva» in settori strategici dove solo l'Unione può legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti. Un'Europa che quando si attribuisce una «competenza concorrente» in taluni ambiti (libertà, sicurezza e giustizia), la fa comunque da padrone dal momento che gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l'Unione non ha esercitato la propria, così come gli Stati membri esercitano nuovamente la loro competenza nella misura in cui l'Unione ha deciso di cessare di esercitare la propria. Un'Europa che è distante anni luce dai reali problemi degli italiani così come attesta la volontà di espropriare dei loro beni circa 28mila imprenditori balneari nel nome della Direttiva Bolkenstein del 2006, concependo gli stabilimenti balneari esclusivamente come servizi da liberalizzare e fregandosene del fatto che sono innanzitutto beni creati con il sudore della fronte di generazioni di italiani perbene che hanno investito le loro risorse su un terreno demaniale perché lo Stato glielo ha chiesto e imposto. Beni che danno il lavoro a 300mila dipendenti e fruttano 225 miliardi di euro all'anno, pari al 15% del Pil.

E noi dovremmo consentire questo esproprio deciso dai burocrati di Bruxelles con l'avallo di governi italiani conniventi, per favorire la speculazione finanziaria globalizzata? No grazie! Non la vogliamo quest'Europa dei banchieri e dei burocrati, senz'anima, che si vergogna delle nostre radici, che svende i valori non negoziabili, che tradisce la nostra civiltà.
twitter@magdicristiano

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