Marina: "Sentenza già scritta, non è giustizia"
25 Giugno 2013 - 09:09La delusione della figlia del Cavaliere: "Processo usato per sfregiare il nemico politico"
«Non chiamiamola sentenza. Non chiamiamolo processo. Soprattutto, non chiamiamola giustizia». Comincia così, con queste amarissime parole, la nota di Marina Berlusconi in difesa di suo padre. Non uno sterile comunicato e non soltanto il comprensibile sfogo di una figlia costretta ad assistere all'ennesimo, violentissimo attacco contro chi le ha insegnato il rispetto degli altri, la libera dialettica democratica, fatta di confronto e non di scontro, e il mestiere di imprenditore.
La fotografia sconsolata e, al tempo stesso drammaticamente realistica, di una macchina giudiziaria, sempre quella, che si muove per colpire e annientare chi decide di non cantare nel coro della sinistra. «Quello cui abbiamo dovuto assistere è uno spettacolo assurdo che con la giustizia nulla ha a che vedere, uno spettacolo che la giustizia non si merita. La condanna - scrive Marina - era scritta fin dall'inizio, nel copione messo in scena dalla Procura di Milano. Mio padre non poteva non essere condannato. Ma se possibile il Tribunale è andato ancora più in là, superando le richieste dell'accusa e additando come spergiuri tutti i testi in contrasto con il suo teorema».
E a lei si unisce Pier Silvio: «In tutti questi anni, non ho mai commentato le tante ingiustizie subite da mio padre. Ma questa volta non posso tacere - attacca - Non pretendo che tutti conoscano mio padre dal lato umano. Ma posso assicurare che questa condanna è assurda: quello di cui l'accusano, e lo dico con tanta rabbia e con le lacrime agli occhi, è quanto di più lontano e contrario dall'uomo che è».
Ricostruendo i fatti, e soprattutto i passaggi di tutto l'iter delle indagini, compiute con una meticolosità, quanto meno sospetta, Marina sottolinea come: «Non ha alcuna importanza che dopo anni incredibilmente passati a spiare dal buco della serratura non siano riusciti a trovare nulla, perché nulla c'era da trovare. Nessun reato, nessun testimone, nessuna prova, nessun movente, nessuna vittima. Non ha alcuna importanza tutto ciò, perché questo processo è stato concepito per essere celebrato sulle pagine dei giornali e nei talk show, per sfregiare l'uomo individuato come il nemico politico da demolire e non per stabilire la verità dei fatti».
Fino alle conclusioni, se possibile ancora più amare, ma che caratterizzano questa vicenda surreale e fors'anche, a questo punto, un processo surreale, come sarebbe lecito ipotizzare, considerata la scansione degli avvenimenti, orchestrato per uno scopo ben preciso, come tiene a evidenziare Marina Berlusconi nel suo scritto: «Per raggiungere il loro obiettivo hanno dovuto anche inventarsi un imputato che non esiste: è forse la cosa più inaccettabile il veder descrivere mio padre nel modo più lontano da quello che lui è per davvero, un modo diametralmente opposto.
Tutto il castello crollerà, è certo, la verità verrà ristabilita, ma questo non basta in alcun modo a mitigare l'amarezza e lo sdegno».