Cav irritato per il vertice: era meglio non andarci

Il giorno dopo l'ufficio di presidenza Berlusconi si sfoga dal Kenia: ma quale scontro e quale sconfitta, ho solo detto quel che pensavo

Cav irritato per il vertice: era meglio non andarci

«Ma che ci sono andato a fare...». La conferenza stampa con Angelino Alfano è finita da pochi minuti e Silvio Berlusconi è già con la testa al Kenya. È lì che sarebbe dovuto restare invece di cedere alle insistenze di chi gli ha chiesto per giorni di partecipare all'ufficio di presidenza del Pdl perché, questa l'argomentazione usata da tutti, «senza di te non si può dare il via alle primarie». Una scelta di cui il Cavaliere deve essersi pentito già mentre andavano in scena le cinque ore di psicodramma a Palazzo Grazioli, con Alfano e buona parte dei big di via dell'Umiltà a dirgli che se non si insisteva sulla strada delle primarie il partito sarebbe imploso. Così, alla fine Berlusconi ha dato il suo benestare, senza nessuna convinzione e non certo perché sia uscito sconfitto da chissà quale epica battaglia con il partito. Certo, Alfano ha senza dubbio avuto la forza di tenere il punto, ma la verità è che è stato l'ex premier a lasciar fare perché con la testa continua ad accarezzare altri progetti che con il Pdl poco o nulla hanno a che fare. Tanto che neanche un'ora dopo la fine dell'ufficio di presidenza Berlusconi è già sull'aereo che lo riporta in quel di Malindi.

Una giornata campale quella di giovedì, seguita ieri da una mattinata difficile nonostante la spiaggia bianca e gli enormi baobab del resort di Flavio Briatore. Seppure Paolo Bonaiuti gli avesse anticipato che le cronache dell'indomani non sarebbero state positive, Berlusconi non si aspettava certo di leggere sui giornali le ricostruzioni che si è ritrovato in rassegna stampa. Soprattutto quella di un Cavaliere «sconfitto» da Alfano e dal partito. Già, perché per l'ex premier durante l'ufficio di presidenza non c'è stato alcun braccio di ferro. E il senso del suo ragionamento è chiaro: «Ho detto quel che penso, che le primarie sono un esercizio inutile e costoso. Se poi Angelino ci tiene tanto, che le faccia pure. Non capisco dov'è lo scontro o la sconfitta». Una sorta di concessione, dunque, che fotografa quanto distante sia Berlusconi dal Pdl. Distante e per nulla di buon umore a leggere su quasi tutti i giornali di chissà quale scontro. Non è un caso che già a metà mattina sia in rete la nota con cui Alfano assicura che tra lui e il Cavaliere c'è «lealtà, rispetto e affetto».
Parole che non sono comunque sufficienti a rimettere di buon umore l'ex premier nonostante il sole. D'altra parte, ancora giovedì ad ora di pranzo aveva ripetuto di non voler partecipare all'ufficio di presidenza e ieri la lettura dei giornali lo ha convinto di aver fatto uno sbaglio a cedere alle pressioni.

Cinque ore di sfogatoio per un partito che non esiste più, è il suo ragionamento. Ma quel che non gli va davvero giù è il passare per sconfitto dopo essersi sorbito l'ufficio di presidenza ed aver dato il via libera alle primarie solo «per fare una cosa a cui Angelino teneva». D'altra parte, che il Cavaliere continui a pensare ad una sua lista (una o più) non è un mistero e quel punto il Pdl diventerebbe una sorta di bad company e sarebbe in qualche modo lasciato a se stesso. Un'ipotesi che a via dell'Umiltà nessuno si sente di escludere, anzi. E che in qualche modo troverebbe conferma nelle dimissioni di Rocco Crimi da tesoriere del partito. Il fatto che i rubinetti del Pdl restino congelati, infatti, può essere un segnale. Soprattutto dopo che Berlusconi ha detto di voler intensificare la sua presenza in tv promettendo «sorprese».

Nel partito, insomma, l'agitazione va sempre più salendo. Al punto che, ironizza un deputato del Pdl, «se alle primarie si candidasse l'onorevole Carlo Ciccioli vincerebbe a mani basse». Perché? «È un ottimo psichiatra».

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